Il
matrimonio di una giovane coppia è messo in crisi dai
pettegolezzi dell’alta società. Robert Windermere
(Mark Umbers) è accusato di mantenere la signora Erlynne
(Helen Hunt), una donna matura con una pessima reputazione,
e sua moglie Meg Windermere (Scarlett Johansson) accetta la
corte di Lord Darlington (Stephen Campbell Moore), un noto
playboy.
L’arrivo della signora Erlynne sulla costiera amalfitana
attira l’attenzione di tutti gli uomini, in particolare
di Lord Augustus “Tuppy” (Tom Wilkinson) che le
chiede di sposarlo.
La situazione diventa drammatica il giorno del ventunesimo
compleanno di Meg, che decide di fuggire con il pericoloso
Lord Darlington. Quando la verità comincia a farsi
strada, appare chiaro che si tratta solo di pettegolezzi,
ma che c’è anche un inquietante segreto di famiglia.
La signora Erlynne sacrifica la possibilità di sposare
Lord Augustus per permettere a Meg di rimediare all’errore
commesso quando ha deciso di fuggire con Lord Darlington.
Tornata insieme al marito, Meg confessa il suo segreto a Tuppy,
riabilitando l’onore della signora Erlynne. Lui decide
allora di prendere il suo stesso aereo e di chiederle perdono.
Solo Lord Darlington resterà da solo.
Tratto dalla commedia di Oscar Wilde 'Il ventaglio di Lady
Windermere', trasposta l’azione sulla costiera amalfitana
negli Anni Trenta per “rendere la storia più
attuale e immediata ed eliminare le rigidità morali”,
trasforma i protagonisti da inglesi in americani permettendo
così ad una giovanissima Scarlett Johansson (il film
è infatti targato 2004, anno di Una
canzone per Bobby Long e In Good
Company per intendersi) ed a una seducente Helen Hunt
di vestire i panni delle protagoniste accanto alla nostra
Milena Vukotic nella parte di un’anziana aristocratica
italiana ed a un sempre misurato Tom Wilkinson.
Si fatica ad entrare nella storia ed a fare confidenza con
una messa in scena che dà la sensazione di essere finta
come una quinta teatrale ed una regia cinematografica dello
sconosciuto Mike Barker che tenta di evadere in modo non prettamente
ortodosso (la moltiplicazione dei luoghi e scene open-air
per lo più gratuite e strumentali) dalla dimensione
teatrale per la quale l'opera è stata concepita. Tralasciamo
poi gli stereotipi dell’Italia e degli Italiani che
sembrano presi da cartoline agiografiche di un tempo lontano
e da una fotografia ingiallita da sfumature di colori seppiati.
Con il passare del tempo però la scrittura drammaturgia
di Oscar Wilde prende il sopravvento sull’immagine,
e le battute tanto folgoranti quanto misogine del grande scrittore
inglese dilettano da una parte mentre lentamente spingono
lo spettatore nel centro dell’intreccio. Un film che
a dispetto del titolo non seduce, ma è capace di farsi
ricordare per la dignità di performance di tutti i
suoi protagonisti. [fabio melandri]