Le particelle elementari
Elementarteilchen
Regia
Oskar Roehler
Sceneggiatura
Oskar Roehler
Fotografia
Carl-Friedrich Koschnick
Montaggio
Peter R. Adam
Musica
Manfred Banach
Interpreti
Moritz Bleibtreu, Christian Ulmen, Martina Gedeck, Franka Potente, Nina Hoss, Uwe Ochsenknecht, Corinna Harfouch, Ulrike Kriener
Anno
2005
Durata
108'
Nazione
Germania
Genere
drammatico
Distribuzione
Lucky Red

Tratto dal romanzo del francese Hoellebecq, Le particelle elementari tratta del degrado della società postmoderna attraverso le vicende di due fratellastri; Bruno (Moritz Bleibtreu) insegnante ossessionato dal sesso e Michael (Christian Ulmen) brillante genetista con una conoscenza sessuale ferma all’adolescenza. “In una società completamente liberale ci sono quelli che vivono il sesso nella dimensione dell’avventura…tutti gli altri sono destinati alla solitudine”. Il romanzo, quindi il film, spinge al parossismo due differenti archetipi di uomo: l’idealista innamorato di una visione angelicata della donna e l’instintivo che sopisce il desiderio con la frenetica attività sessuale: entrambi sono impossibilitati ad amare. La situazione si ribalta forzosamente quando Michael ritrova Annabelle (Franka Potente), l’amore platonico dell’adolescenza, ormai donna corrotta dalla vita e disillusa da un matrimonio naufragato nell’odio, e Bruno incontra in un ridicolo campeggio hippie, Cristiane, donna modellata a sua immagine e somiglianza. La parabola amorosa è tuttavia destinata fatalisticamente alla tragedia, il cancro (malattia assunta a simbolo del malessere della società contemporanea) aggredisce le due donne infrangendo le loro relazioni amorose. Annabelle, uscita sana e salva dalla convalescenza tornerà tra le braccia del timido Michael, mentre Christiane costretta su una carrozzina, si toglierà la vita, facendo piombare Bruno in uno stato catatonico.
Nonostante la buona prova del cast (Bleibtreu miglior attore al festival di Berlino), è la materia stessa di cui è impastato il film a non convincere. La riflessione sul degrado morale e sull’incertezza dei valori del nostro tempo usando il sesso come metro di valutazione, anziché essere guidata da lucido cinismo, risulta terribilmente artificiosa e falsata nei suoi aspetti più interessanti. Il ritratto della madre, convinta hippie fino all’ultimo dei suoi giorni (quando Bruno pronuncia frasi irripetibili al suo capezzale) e responsabile dell’infelicità dei figli fa sorridere anziché indignare. Il personaggio di Bruno subisce un’involuzione che, privandolo di credibilità, lo rende semplice comparsa dell’ambiente fetish che frequenta, il tutto a detrimento dello spettacolo che degenera a tratti in un film di serie B (vedi scena del campeggio).
La verità è come una particella elementare, non è ulteriormente suddivisibile”: quella propinata da Hoellebecq e tradotta in film da Roehler invece lo è, credetemi, eccome se lo è. [matteo burioni]