Wes Craven
rappresenta oggi un maestro del genere horror, in grado di
ridefinirne le leggi prima con Nightmare poi con la trilogia
di Scream, assicurandosi un enorme seguito al box-office soprattutto
tra i teenager, maggiori fruitori dell'horror moderno. Era
dunque inevitabile che dopo l'enorme successo di Le colline
hanno gli occhi, remake del 2006 diretto da Alexandre Aja
ad Hollywood avrebbero provveduto immediatamente a finanziarne
il sequel. E così nonostante Aja e Emilie De Ravin,
l'attrice che interpretava l'unica sopravvissuta del film
precedente, avessero dato forfait (Aja perché impegnato
nel suo nuovo film dal titolo Mirror, ancora un remake ma
stavolta coreano, e la De Ravin perché bloccata sull'isola
della serie tv Lost), il trio di produttori Maddalena-Locke-Craven
(lo stesso del remake e di quasi tutti i film di Craven) ha
pensato bene di cambiare la squadra vincente che gli aveva
portato tanto successo affidando la regia al semiesordiente
Martin Weisz, all'attivo videoclip musicali, spot tv e l'horror
cannibalistico da noi inedito Butterfly: A grimm love story.
Scritto da Wes Craven ed il figlio Jonathan, la sceneggiatura,
pur trattandosi di un remake, si discosta completamente dall'originale
seguito girato dallo stesso Craven nel 1985. Al posto dei
Carter, la sfortunata famiglia che si ritrovava ad essere
carne da macello in mezzo al deserto del New Mexico, preda
del branco di mutanti cannibali è una squadra di soldati
della Guardia Nazionale spedita nel famigerato Settore 16,
il distretto militare scenario di esperimenti nucleari in
cui i Carter erano finiti per sbaglio due anni prima, per
rifornire i tecnici nucleari che adesso stanno monitorando
la zona per effettuarvi studi scientifici. Inutile dire che
una volta giunta sul luogo la squadra di reclute non solo
non trova traccia degli scienziati ma sarà costretta
a difendersi da un nemico che nemmeno la più sporca
delle guerre potrebbe mai partorire.
Più che ad Aliens di Cameron a cui i Craven dicono
di essersi ispirati, sembra palese l'influenza di uno degli
horror più riusciti degli ultimi anni, The Descent
(non è un caso che il direttore della fotografia sia
lo stesso Sam McCurdy) nella parte in cui gli sventurati soldati
si addentrano nelle miniere, dimora della famiglia di mostri
deformi. Dimenticatevi dunque la luce del sole come nel precedente
episodio. Ma per lo più oscurità. Tra gli angusti
spazi di grotte, cunicoli e tunnel in una sorta di labirinto
infernale da cui è pressoché impossibile uscire.
In secondo piano il tono di denuncia sociale e politica che
aveva caratterizzato il precedente capitolo, con i riferimenti
agli esperimenti nucleari del settore 16 relegati ai soli
titoli di coda.
[marco catola]
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