L’ispettore
Jacques Clouseau fece il suo debutto sul grande schermo nel
1963 con la pellicola La pantera rosa
di Blake Edwards. In quell’occasione l’ispettore
era solo un personaggio di contorno della storia incentrata
sul ladro interpretato da David Niven.
Solo dal secondo capitolo della serie (in tutto 7 pellicole
compresa quella che vide protagonista il nostro Roberto Benigni),
l’Ispettore diviene il perno centrale della saga, grazie
all’interpretazione del grandissimo Peter Seller a cui
il personaggio rimane indelebilmente legato.
Quando si sparse la voce di un nuovo capitolo della saga con
un nuovo interprete del famoso ispettore, i dubbi per un confronto
interpretativo ad alto rischio erano forti e difficilmente
superabili.
Forse solo un interprete come Steve Martin poteva uscire non
dico vincitore ma almeno salvando la pelle, da un confronto
così proibitivo. E la scelta dell’attore-regista-sceneggiatore-produttore
di Waco (Texas) è meno campata in aria di quanto possa
sembrare. Diversi elementi accomunano Steve Martin a Peter
Sellers, dalla mimica corporale, all’umorismo surreale
dai toni grotteschi, alla dolenza di sottofondo che percorre
molte delle loro opere con quella risata che spesso e volentieri
si spegne in un’amarezza latente e soffusa.
La pantera rosa targato 2006
per la regia di Shawn Levy (Una scatenata
dozzina, Oggi sposi… niente
sesso) non è il remake dell’omonimo film
del 1963, ma una storia originale che ruota intorno al furto
del famoso diamante di color rosa, miscelando personaggi storici
come l’ispettore Capo Dreyfuss (Kevin Kline) e nuovi
di zecca come l’assistente Ponton (Jean Reno) e la femme
fatale Xania interpretata dalla cantante Beyoncé, qui
senza le compagne delle Destiny’s Child.
Naturalmente la storia è un semplice pretesto per dare
vita ad una lunga serie di gag visive che se strappano una
risata a denti stretti da una parte, dall’altra mostrano
una povertà di idee e mancanza di originalità
preoccupante, soprattutto se si pensa che alla sceneggiatura
ha collaborato lo stesso Martin, dove in passato diede invece
prova di essere un autore assolutamente di primo piano (Pazzi
a Beverly Hills, Novocaine,
Shopgirl).
Un film che visto il successo riscosso in patria, darà
origine ad una nuova serie ma che manca inesorabilmente di
quella vitalità intrinseca e non manifestamente sfacciata
che la coppia Sellers-Edwards erano capaci di inoculare con
il loro tocco nella materia filmica.
[fabio melandri]
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