Tutto può trasformarsi in musica: il vento, il fruscio
delle spighe di grano; come anche camminare, battere le mani,
ascoltare le buste di plastica che volano nell’aria,
gli sbuffi della metropolitana e la gente che vive in una
grande città.
Il piccolo August Rush (Freddie Highmore) ha undici anni.
Da quando è nato vive in un orfanotrofio. Qui gli altri
bambini lo maltrattano: lo considerano un tipo strano. August,
infatti, è convinto che i suoi genitori, nonostante
non li abbia mai visti, né loro lui, possano sentirlo
per mezzo della musica e che proprio attraverso di lei potranno
ritrovarsi. Quello che può sembrare un disturbo mentale,
ad un orecchio esperto diventa un’opera musicale…
August scappa dall’orfanotrofio e arriva a New York
seguendo il suono che proviene dai fili della luce. In un
primo momento cerca l’aiuto di un assistente sociale
(Terrence Howard), ma si perde, distratto dai suoni della
città, a lui ancora sconosciuti.
Fa amicizia con un ragazzino che suona per la strada. Tra
disperati ci si riconosce: il nuovo amico accetta di aiutarlo
e, dopo aver comprato una pizza, lo portas a “casa”.
L’abitazione è in realtà un teatro abbandonato
dove trovano riparo i ragazzi di strada newyorkesi. Sembra
una scuola di talenti, anche se incredibilmente fatiscente.
A guida degli sbandati c’è Wizard (un Robin Williams
con i capelli rossi, la giacca di pelle nera e infiniti tatuaggi),
un vero e proprio sfruttatore. Manda i suoi “figli”
per le strade della città a mendicare qualche spicciolo
che la sera dovrà essergli consegnato. Anche ad August
viene riservato lo stesso trattamento, ma con qualche iniezione
di coraggio e la possibilità di suonare la chitarra.
Da geniale autodidatta, il bimbo alla ricerca dei genitori
suona lo strumento in modo insolito ma coinvolgente. E molti
altri noteranno il suo talento.
In parallelo alla vita di August, si svolge quella dei suoi
genitori. Undici anni prima un chitarrista irlandese (J. Rhys
Meyers) e una delicata violoncellista (K. Russell) si incontrano
per caso a New York. La luna, la città e la musica,
gli permettono di trascorrere una magica e indimenticabile
serata in un appartamento affacciato sull’arco di Washington
Square. Dal loro romantico ma unico incontro, nasce August
(il suo nome di battesimo è un altro, sarà Wizard
a dargli il nome d’arte). La vita separa i tre in modo
all’apparenza definitivo. Passano gli anni e anche la
spensieratezza di quella notte sembra svanire nel nulla. Ma
la tenacia e la caparbietà di August aiuterà
anche i suoi genitori. Tutto è bene quel che finisce
bene: il film è una fiaba moderna, condita da momenti
musicali gradevoli, che portano per mano lo spettatore per
i vicoli di New York.
Se adulto capisce perfettamente cosa sta accadendo, un adolescente
non troppo smaliziato si godrà gli sguardi ammiccanti
del giovane Freddie Highmore, vero protagonista della pellicola,
già visto in La fabbrica di cioccolato.
Certo la fossetta è deliziosa, gli occhioni azzurri
al centro dello schermo attraggono, ma forse la regista Kirsten
Sheridan si è lasciata troppo affascinare da questo
attore prodigio. Che sia il clone maschile di Dakota Fanning?
Il film è inserito nella sezione Alice nella città/premiére,
selezione dedicata al cinema per e dei ragazzi della Festa
Internazionale di Roma. [valentina
venturi]