La contessa bianca
The White Countess
Regia
James Ivory
Sceneggiatura
Kazuo Ishiguro
Fotografia
Christopher Doyle
Montaggio
John David Allen
Musica
Richard Robbins
Interpreti
Ralph Fiennes, Natasha Richardson, Vanessa Redgrave, Lynn Redgrave, Madeleine Potter, John Wood, Madeleine Daly, Hiroyuki Sanada
Anno
2005
Durata
135'
Nazione
UK
Genere
drammatico
Distribuzione
Medusa Film
Shangai, 1936. Alla vigilia dell’invasione giapponese, la città è un luogo di incontro tra faccendieri, politici, uomini d’affari ed esponenti della malavita. Quanto grigia e desolante è la vita diurna, tanto sfavillante, vivace, piena di luci quella notturna tra bar e club privati. In uno di questi si incontrano Jackson (Ralph Fiennes), ex diplomatico americano distrutto per la perdita della famiglia e rimasto privo di vista in un’esplosione, e Sofia (Natasha Richardson) contessa russa esule e costretta a mantenere la famiglia facendo la ballerina nei bar.
Alle soglie di un destino incerto e sanguinoso, si consuma la silenziosa passione tra i due all’interno dell’elegante locale “The White Countess”, apparente mondo perfetto e chiuso in se stesso contro l’affresco più grande che si sta compiendo al di fuori delle sue mura.
A distanza di 15 anni si ricompone il gruppo creativo di Quel che resta del giorno, con Ismail Merchant (qui alla sua ultima fatica) alla produzione, Kazuo Ishiguro alla sceneggiatura e James Ivory alla regia.
Con un minimo di conoscenza pregressa della coppia Ivory-Merchant si sa già cosa aspettarsi da quest’opera che se da una parte conserva i canoni del bel cinema fatto di sontuose ricostruzioni sceniche, ricchezze di costumi, fotografia ricercata ed elegante, storie con sentimenti da assoluti protagonisti. Ma quello che emerge è una inusuale, per Ivory così attento ai dettagli come al generale, asetticità e bidimensionalità di messa in scena.
Un film diseguale in cui lo scenario, con le sue quinte ed atmosfere, prendono il sopravvento, soffocando la storia dei due protagonisti, che proprio originalissima non è, appesantita ulteriormente da interpretazioni di maniera e da una rara varietà espressiva da parte dei due protagonisti, Ralph Fiennes in testa. Un melodramma storico che tende a soffocare, raggelare le emozioni che il testo suggerisce, in cui ai tumulti della storia avrebbero dovuto fare da compendio quelle dei sentimenti ed emozioni, che rimangono invece più suggeriti che espressi. [fabio melandri]