L’America
è capace di amare i suoi anti-eroi con la stessa intensità
dei suoi eroi.
Ricordate Frank W. Abagnale Jr (Leonardo Di Caprio) che si
fingeva avvocato, pilota e dottore nella commedia di Steven
Spielberg Prova a prendermi?
O l’aristocratico concorrente Charles Van Doren (Ralph
Fiennes) del truccatissimo Quiz Show
di Robert Redford?
Ora è la volta dello scrittore Clifford Irving, un
uomo alla ricerca di salire sul treno del successo che in
più di un’occasione lo ha sfiorato senza consentirgli
di salirci sopra. Ma la via che porta alla fama è costellata
di bugie e “Più la sparo grossa, più mi
rendo conto che sarà convincente.”
La balla, o meglio l’imbroglio del titolo, è
l’autobiografia “autorizzata” del miliardario,
nonché pilota, inventore e produttore cinematografico
Howard Hughes (ricordate il Leonardo Di Caprio in The
Aviator di Martin Scorsese?). Il problema è
che a Hughes, che vive recluso vittima delle sue ossessioni
e manie in un angolo sperduto del mondo, non passa neanche
per l’anticamera del cervello di condividere segreti
e momenti della sua vita con un illustre sconosciuto. Non
potendo quindi avvicinare il vero miliardario, Irving se ne
costruisce uno virtuale, ma talmente aderente alla realtà
da convincere la potente casa editrice McGraw-Hill, la rivista
Life, il mondo dei media in generale ed addirittura lo stesso
Hughes, che finirà per utilizzare il burattinaio Irving
per saldare alcuni conti rimasti in sospeso.
L’imbroglio è un
film sul gioco di potere, su ruoli ed interpretazioni che
cambiano la rappresentazione stessa della realtà in
atto, tanto da confondere il burattino con il burattinaio,
la realtà con la finzione, l’imitato con l’imitazione.
Un intricato gioco di poteri narrati con i toni leggeri della
“buddy comedy” – tutti da gustare i duetti
tra Richard Gere e la sua spalla Alfred Molina – e l’impegno
sociale da film inchiesta alla Tutti
gli uomini del Presidente. Un capolavoro, quindi? Non
diremmo, grazie soprattutto alla regia piatta, anonima ed
implosiva del mediocre Lasse Hallström, regista svedese
trapiantato in America ed autore di pellicole come Qualcosa
di cui…sparlare, Le regole
della casa del Sidro, Il vento
del perdono, Chocolat
ed il recente Casanova,
capace di smantellare le potenzialità inespresse del
buon testo scritto da William Wheeler e tratto dall'autobiografia
che lo stesso Irving ebbe modo di scirvere durante i suoi
due anni di reclusione a seguito degli eventi narrati in questa
pellicola.
[fabio melandri]