Cosa
succede quando il Panda, animale che in lingua cinese significa
“orso-gatto”, prettamente erbivoro e dalla stazza
imponente, incontra il Kung Fu, termine generico che esprime
l’ “eccellezza del sè” e può
essere applicato a qualsiasi disciplina in cui si lavora duramente
per raggiungere la massima competenza e abilità, sebbene
in Occidente è un concetto per lo più associato
alle arti marziali?
Grasse, grosse risate… almeno nelle intenzioni degli
autori del nuovo cartoon Dreamwork, Kung
Fu Panda. La storia è nota: Po è un fan
del kung fu e vive sognando un giorno di poter emulare i suoi
eroi, i leggendari cinque cicloni: Tigre, Gru, Mantide, Vipera
e Scimmia. Vivace, maldestro, gran divoratore di spaghetti
nel chiosco della famiglia, Po si ritroverà nelle improbabili
vesta di Prescelto, per salvare la comunità dalla feroce
ira e propositi di vendetta del traditore leopardo delle nevi
Tai Lung.
Il film parte in maniera strepitosa, ed i primi dieci minuti
sono di pura antologia con richiami a Kurosawa, Sergio Leone
e Takeshi Kitano. A seguire la pellicola si incanala nei classici
canoni dei cartoon di questi ultimi anni, cercando di accontentare
un pubblico il più eterogeneo possibile, attraverso
spettacolose riprese e parentesi comiche, che però
alla lunga risultano stanche e ripetitive.
La storia è fin troppo prevedibile, l’animazione
ha oramai aggiunto una tale perfezione e duttilità
che rimane difficile meravigliarsi, così che la pellicola
pur non annoiando ed assicurando un certo livello di divertimento,
alla lunga non appassiona e sembra sempre più costruita
sui gadgets che il marketing puntualmente riverserà
sul mercato autunnale, ad aprire la nuova stagione cinematografica.
Il rischio è che questi prodotti oramai tendono ad
assomigliarsi tutti, così che solo la razza dell’animale
protagonista diventa elemento distinguibile. Un po’
poco…
A tenere insieme il tutto, un messaggio che invece è
apprezzabile, mascherato nei colori vivaci del disegno e nella
psicologia elementare ma funzionale dei protagonisti. In epoca
di modelli comportamentali televisivi tra attori, veline,
modelle, cantanti e via discorrendo, alla fine bisogna guardarsi
allo specchio e cercare di essere noi stessi i nostri eroi.
[fabio
melandri]