Vent’anni
prima della rivoluzione sessuale negli Anni Sessanta, uno studioso
di biologia e psicologia, laureato in tassonomia (scienza della descrizione
e classificazione di corpi organici ed inorganici) dal nome di Alfred
Kinsey decise di dedicare uno studio approfondito al comportamento
sessuale degli americani, dando origine due pubblicazioni Sexual
Behaviour in the Human Male (1948) finanziato addirittura dalla
prestigiosa Fondazione Rockfeller e Sexual Behaviour
in the Human Female (1953) che sconvolsero il mondo accademico
e segnarono l'emancipazione sessuale di milioni e milioni di persone
in tutto il mondo.
Della sua vita, dal tormentato e conflittuale rapporto con il padre
predicatore agli studi e metodi scientifici adottati – interviste
dirette ai suoi studenti, amici, conoscenti ed infine migliaia di
volontari americani - ci racconta Kinsey
di Bill Condon. Un’operazione coraggiosa per il tema affrontato
in maniera diretta, adottando un linguaggio diretto, mostrando senza
reticenze o pruriti puritani anche gli aspetti meno piacevoli del
suo studio – vedi l’intervista/confessione del pedofilo
-.
Un film che indaga con procedere analitico e distaccato la lenta ed
inesorabile discesa dello studioso Kinsey in quello che da mera materia
di studio diverrà una vera e propria ossessione. Miti e credenze
sul mondo della sessualità - che oggi suscitano sorrisi e risate
beffarde ma attraverso i quali tutti siamo passati, anche se pochi
forse sono disposti ad ammetterlo pubblicamente - ci vengono sbattuti
in faccia con piglio documentaristico.
Ma è proprio questa analiticità, questa volontà
di mostrare senza vera partecipazione, questa distanza che il regista
sceglie di mantenere, ad essere il punto meno convincente dell’opera.
Siamo nel campo del documentario scientifico, dell’analisi sociologica
filmata, interessante dal punto di vista accademico e storico ma arido
dal punto di vista emotivo.
Liam Neeson rende con partecipato vigore la figura di questo candido
ribelle, sostenuto da una convincente e sofferta Laura Linney (candidata
all’Oscar per questo ruolo). Il film purtroppo soffre dei difetti
che caratterizzano da sempre i film biografici come la descrizione
agiografia del protagonista e la matematica quanto prevedibile costruzione
del plot (ascesa – successo - declino). Peccato perché
Bill Condon, già autore della rivelazione Demoni
e Dei, ha capacità narrative non usuali, uno stile di
regia asciutto e concentrato su personaggi e psicologie oltre ad un’abile
capacita rievocativa dei tempi passati. [fabio melandri]