Kiki è
una giovane strega di 13 anni. L’età in cui per
loro è stato tradizionalmente stabilito l’anno
di apprendistato: le adolescenti streghette, accompagnate
da un gatto parlante, devono lasciare casa e partire in cerca
di una città dove vivere per un anno, acquisire indipendenza
e diventare così streghe a tutti gli effetti. Per Kiki
è giunta l’ora di andare. Munita della vecchia
scopa della madre e della radio del papà, per lei e
per il micio Jiji inizia un viaggio notturno verso Koriko,
città bagnata dal mare e sovrastata da una splendida
torre con l’orologio. I sogni di Kiki diventano realtà.
La conquista dell’indipendenza economica ed emotiva
però non sarà semplice, ma l’onestà
e l’innocente voglia di vivere daranno alla piccola
Kiki la possibilità di crescere e diventare adulta.
Tratto dal romanzo per
l’infanzia “Kiki
– Consegne a domicilio” scritto
da Eiko Kadono, il film sceneggiato e diretto Miyazaki racchiude
in sé tutti gli archetipi della sua poetica: giovani
protagoniste, in volo, che si affrancano dalla vita adolescente
diventando adulte. Terzo film dello Studio Ghibli e primo
successo commerciale (primo ad essere doppiato e distribuito
dalla Disney), Kiki mostra il lato più verista del
Miyazaki-pensiero: la magia è limitata, circoscritta,
un contrappunto nel percorso di crescita, totalmente umano,
della protagonista.
Siamo agli albori dei più misteriosi e oscuri “Il
castello errante di Howl” o “La
città incantata”. Miyazaki nell’anno
della realizzazione della pellicola, il 1989, dichiarò:
«La nostra eroina è una ragazzina che ha deciso
di identificarsi nella sua capacità di volare. I talenti
da strega di questo film sono davvero poco più di quelli
posseduti da qualsiasi ragazzina reale. L’obiettivo
del film è di trasmettere un senso di solidarietà
ai nostri giovani spettatori».
[valentina venturi]