The Karate Kid- La leggenda continua
The Karate Kid
Regia
Harald Zwart
Sceneggiatura
Christopher Murphey
Fotografia
Roger Pratt
Montaggio
Joel Negron
Scenografia
Second Chan, François Séguin
Costumi
Han Feng
Musica
James Horner
Interpreti
Jaden Smith, Jackie Chan, Taraji P. Henson, Wenwen Han, Rongguang Yu, Jared Minns
Produzione
Columbia Pictures, China Film Group, Jerry Weintraub Productions, Overbrook Entertainment
Anno
2010
Nazione
USA, Cina
Genere
azione
Durata
140'
Distribuzione
Sony Pictures Releasing
Uscita
03-09-2010
Giudizio
Media

Si è passati dal “dai la cera, togli la cera” al “togli il giubbotto, metti il giubbotto”.
Questa la differenza sostanziale che passa tra il The Karate Kid Per vincere domani (1984) e il suo remake “The Karate Kid. La leggenda continua” (2010). Da Ralph Macchio (rimasto poi prigioniero del suo personaggio) a Jaden Smith (figlio di Will Smith visto accanto al padre in La ricerca della felicità), da un italio-americano ad un afro-americano, dalla Los Angeles californiana, alla Pechino post olimpionica. Potere delle co-produzioni evidentemente.
Se in The Karate Kid filmato da John G. Avildsen (il papà di Rocky e si vede tutto), il kung fu era uno sport ospitato in terra americana, nella nuova versione è l'americano a trasferirsi nel paese che diete i natali a tale disciplina, con il tentativo di aumentare il peso specifico morale ed etico alla vicenda narrata. “Il kung fu è ovunque; il kung fu è nelle cose; il kung fu è nel come tratti le persone.” Al posto del mitico maestro Miyagi (interpretato al tempo da Noryuki "Pat" Morita che ricevette anche una candidatura all'Oscar per l'interpretazione) troviamo un quanto mai compassato e trattenuto, quasi irriconoscibile, Jackie Chan. La chimica tra Jackie ed il giovane Jaden è uno dei pochi motivi di interesse di un film che viaggia lungo i consueti canali del già visto e del già vissuto.
Tutto è ampiamente prevedibile, con snodi narrativi che si realizzano con una puntualità disarmante che il regista Harald Zwart (dall'interessante Un corpo da reato al mediocre La pantera rosa 2) non riesce a vitalizzare con invenzioni di alcun tipo.
Il film si guarda, si digerisce con estrema facilità ed alla fine rimane poco: la faccia dolente di un Jackie Chan che lascia intravedere “potenzialità recitative” tenute sino ad ora ben celate.
[fabio melandri]