Joyeux Noël - Una verità dimenticata dalla storia
Joyeux Noël (Merry Christmas)
Regia
Christophe Rossignon
Sceneggiatura
Christophe Rossignon
Fotografia
Walther Vanden Ende
Montaggio
Andrea Sedlackova
Musica
Philippe Rombi
Interpreti
Diane Krüger, Benno Fürmann, Guillaume Canet, Daniel Brühl, Gary Lewis, Dany Boon, Alex Ferns, Steven Robertson, Lucas Belvaux
Anno
2005
Durata
113'
Nazione
Francia
Genere
commedia
Distribuzione
Sony Pictures
Quattro personaggi in cerca di una identità. Un prete anglicano, un tenente francese, un tenore tedesco e la donna da lui amata, una soprano. Tre trincee – una francese, una tedesca, una scozzese – poste a pochi metri di distanza l’una dall’altra, tanto da sentire i respiri, i rumori della vita quotidiana dei rispettivi dirimpettai. Siamo nel 1914, durante la Prima Guerra Mondiale, alla vigilia di Natale. Come in una favola, come in un sogno, improvvisamente i soldati escono dalle loro fosse, abbandonano i loro fucili per stringere la mano al nemico...
Potrebbe sembrare l’utopica invenzione di qualche sceneggiatore in vena di facile pacisifismo in tempi così cupi, eppure è un piccolo fatto di cronaca, storico lo definiremmo se fosse comparso in qualche riga dei nostri libri scolastici, che accadde realmente sulla linea del fronte francese nell’inverno del 1914.
Candidato francese ai prossimi Oscar, Joyeux Noel prende spunto da un episodio realmente accaduto e riportato nel libro di Yves Buffetaut, 'Batailles de Flandres et d’Artois 1914-1918', riesumato dal regista Christian Carion (Una rondine fa primavera). In un passo del libro intitolato 'L’incredibile inverno del 1914' si narra di episodi di fraternizzazione tra soldati nemici, di un tenore tedesco applaudito dai soldati francesi, di una partita a calcio, di scambi di lettere, di alberi di Natale, di scambi di visite tra trincee. Elementi romanzati, innestati e diluiti nella struttura narrativa di un film che come un bambino, appare tanto sincero quanto sempliciotto.
Il primo Conflitto Mondiale è stata una guerra di trincea, più di attesa e resistenza che non di attacchi e strategie; una guerra in cui si guardava in faccia il nemico, si sentiva il suo respiro, lo si poteva umanizzare e quindi in un certo senso anche comprendere e fraternizzare con esso.
Joyeux Noel si sviluppa sulla linea del fronte, ci immerge nelle luride e fredde trincee, in mezzo a malattie, sporcizia, puntando il proprio obiettivo sulle facce, sui pensieri, sulle emozioni dei soldati, più interessati ai propri destini personali (la famiglia, il ritorno a casa) che non ai destini del conflitto. Il regista punta molto, forse in certi frangenti troppo ed in maniera assai meccanica, nell’umanizzare i tre eserciti in lotta, ma è l’assunto necessario ed indispensabile per poi “accettare e comprendere” quanto accade in seguito.
La vigilia di Natale, un canto di Natale si alza dalla trincea tedesca, un accompagnamento di cornamusa lo intona da quella scozzese, un’armonica si aggiunge da quella francese. Emotivamente è la scena più forte del film e quella a più alto tasso di inverosimiglianza. Eppure tutto fila liscio, perché vogliamo/dobbiamo credere che tutto questo sia possibile, che le differenze tra gli uomini possano essere superate e la musica è una potente asta per superare ostacoli e barriere fisiche, psicologiche, ideologiche.
L’episodio avviene dopo circa quaranta minuti di proiezione mentre il film ne dura un’ora e quaranta con episodi di fratellanza che si accumulano l’uno sull’altro demolendo quel principio di verosimiglianza costruito con sapienza ed attenzione in tutta la prima parte dell’opera.
I personaggi sono costruiti in maniera schematica e semplicistica, l’estetica del film è ricercata e sin troppo patinata, ma per una volta il messaggio prevale su messa in scena e linguaggio: se lo conosci il tuo nemico, non lo uccidi. Una favola di Natale fuori tempo massimo, che pone le sue fortune artistiche e commerciali sulla capacità del pubblico di ritrovare un'innocenza archetipica dentro se stessi. Cinici e disillusi si tengano ben lontani da quest'opera. Per tutti gli altri... C'era una volta tanto tempo fa... [fabio melandri]