Sarroch
(Sardegna sud-occidentale) sonnecchia tra le montagne, il
mare e il profilo delle alte ciminiere di una raffineria petrolchimica.
Jimmy ha quasi diciotto anni e ci vive da sempre con la sua
famiglia di operai. Nell’assenza di prospettive e riferimenti
condivisi, sente forte e rabbioso il richiamo di un comportamento
che lo porta presto fuori dalla legalità. Per lui si
spalancano allora le porte del carcere minorile, che lo inghiottono
in un abisso di angoscia e violenza.
Poi il riscatto si profilerà nella dolcezza delle colline
che circondano la comunità di recupero per giovani
carcerati da cui si può ripartire verso un futuro diverso.
Ma a ragazzi come lui, talvolta può apparire più
facile abbandonarsi a un’inesorabile autodistruzione
anziché cercare una via di riscatto.
E così Jimmy, fermo di fronte a questo bivio, si ritroverà
a decidere in una notte tutto il suo futuro.
NOTE
DI REGIA: ENRICO PAU
Una
sera durante le riprese con alcuni della mia troupe, dopo
una giornata di lavoro, siamo entrati in uno dei bracci del
carcere minorile di Quartucciu per fare un sopraluogo. Cercavano
uno spazio per una delle scene più importanti del film.
All’uscita ho sentito gli occhi di uno dei ragazzi che
mi guardavano da dietro le sbarre di una piccola cella, era
uno slavo dallo sguardo malinconico. Quello sguardo mi ha
seguito fino alla chiusura dei cancelli dietro di noi. Uscivamo.
Potevamo andare oltre quel confine di ferro che invece per
lui era invalicabile. Era una notte fredda, gelida, di quelle
in cui il maestrale atraversa il Campidano, la pianura intorno
a Cagliari, e fa un suono che assomiglia a un lamento a un
urlo trattenuto. Quella sera ho capito perché ho voluto
fare questo film, perché ho voluto raccontare questa
storia. La risposta misteriosa era in quegli occhi, in quello
sguardo, che mi chiedevano aiuto. Il cinema ha il compito
di raccontare realtà che altrimenti non si conoscerebbero.
Il cinema più di ogni altra cosa ha questa forza, questa
potenza. Ci sono mondi lontani, pianeti sconosciuti, anche
vicino a casa nostra. Il carcere, una comunità di recupero
per i giovani carcerati, l’idea che la pena non sia
una pietra tombale sulla vita di chi sbaglia, ma un passaggio
esistenziale che può aiutare anche a cambiare vita.
Ho immaginato all’ingresso della Comunità “la
Collina”, dove da tanto tempo Ettore Cannavera aiuta
i giovani carcerati a “ritrovarsi”, una grande
scritta : “conosci te stesso”. Frequentare questi
luoghi, confrontarmi con il dolore, ha aiutato anche me che
ero partito dalla suggestione letteraria dal romanzo di Massimo
Carlotto ignaro di quello che mi aspettava oltre il confine
fra la vita e il carcere. Il romanzo di Massimo mi aveva affascinato
per la qualità della scrittura, per il ritmo del racconto
perché ha messo dentro un piccolo romanzo l’esperienza
del vero Don Ettore e della sua Comunità, e ha saputo
raccontare le ansie di un adolescente , colto in un passaggio
fondamentale della sua vita.
Carlotto, che conosce quella realtà per averla vissuta,
ha racchiuso in Jimmy la sintesi di tante storie vere, e ha
aiutato me e la mia sceneggiatrice Antonia Iaccarino, la cui
impronta sul film è stata molto importante, ad affrontare
un racconto che ha dentro elementi che rimandano alla durezza
di certe vite, alla fascinazione per il crimine che ha Jimmy,
come certi personaggi di Marcel Carné, ma anche, ci
ha rivelato, la poesia dei luoghi, come le dolci colline di
Serdiana che lasciano un segno poetico sul nostro film. Rimangono
i ricordi, meglio, la memoria, di un mese e mezzo di lavoro
che per me, la mia troupe tecnica e gli attori
professionisti, è stata soprattutto un’avventura
sentimentale che ha cambiato un po’ la nostra vita rendendola
spero migliore. Dentro di noi portiamo il ricordo di quei
ragazzi che hanno lasciato dentro il film la loro anima, hanno
capito che “Jimmy della Collina” era un modo per
lanciare un grido di attenzione verso il loro mondo, verso
l’esterno. Perfetti a mio parere nell’essere se
stessi, nel raccontarci la loro vita quotidiana con un equilibrio
che per essere riprodotto da un attore avrebbe bisogno di
un percorso lunghissimo e tortuoso. E’ la vita che incontra
il cinema ciò che nasce è il solito vecchio
caro, misterioso atto d’amore.