Italians
id.
Regia
Giovanni Veronesi
Sceneggiatura
Giovanni Veronesi, Ugo Chiti,
Andrea Agnello
Fotografia
Tani Canevari
Montaggio
Claudio Di Mauro
Scenografia
Laura Pozzaglio
Costumi
Gemma Mascagni
Musica
Paolo Buonvino
Interpreti
Carlo Verdone, Sergio Castellitto, Riccardo Scamarcio,
Ksenia Rappoport, Dario Bandiera, Remo Girone
Produzione
Aurelio De Laurentiis e Luigi De Laurentiis
Anno
2009
Nazione
Italia
Genere
commedia
Durata
116'
Distribuzione
Filmauro
Uscita
23-01-2009
Giudizio
Media

Fortunato (SERGIO CASTELLITTO) è un camionista, disincantato e un po’ cialtrone, che da molti anni trasporta Ferrari rubate negli Emirati Arabi per conto di una ditta romana. Ma quello che sta per compiere – giura – sarà il suo ultimo viaggio. E’ ora di passare il testimone al giovane Marcello (RICCARDO SCAMARCIO), da pochi mesi in prova nella stessa società. Per due giorni e due notti attraversano il deserto dell’Arabia Saudita alla guida di una bisarca stipata di lussuosissime Ferrari. E tra esilaranti avventure e surreali posti di blocco, tra loro nasce una vera e propria amicizia. Lungo il tragitto avviene anche il commovente incontro con Hamed, l’unico amico arabo di Fortunato, un uomo di mezz’età, dall’esistenza umile ma decorosa, e con sua figlia Haifa. Arrivati a Dubai, Marcello e Fortunato decidono di concedersi una serata all’insegna del divertimento in uno dei locali più modaioli della città. Ma a causa di un incontro inatteso e piuttosto turbolento finiscono per passare la notte in prigione e per ritrovarsi coinvolti, il giorno dopo, in una folle gara di velocità tra Ferrari…

Giulio (CARLO VERDONE) è un dentista che ha da poco passato la cinquantina, con un bell’attico che affaccia sui tetti di Roma, un domestico indiano, un matrimonio fallito che lo ha fatto sprofondare nella depressione più nera e un imminente convegno a San Pietroburgo a cui non ha più nessuna voglia di partecipare. Ma il suo collega e amico Fausto è irremovibile: la Russia è la patria del sesso facile e una settimana lì è meglio di un anno di psicoanalisi. Lo mette in contatto con Vito Calzone (DARIO BANDIERA), improbabile e buffo organizzatore on-line di viaggi a sfondo sessuale. Giulio accetta di malavoglia, ma è chiaro da subito con Vito: lui sta partendo per lavoro, è un professionista stimato e la parola d’ordine deve essere una sola, discrezione. Ma come parlare di discrezione con Vito Calzone! Per colpa sua, Giulio andrà incontro ad una terribile figuraccia con Vera (KSENIA RAPPOPORT), la sua interprete personale, finirà in festini a sfondo sadomaso in meravigliose ville, tra persone di dubbia moralità e in odore di criminalità, e si troverà addirittura coinvolto in una sparatoria da gangster-movie, da cui uscirà incolume soltanto grazie al provvidenziale aiuto di Vera…

NOTE DI REGIA: Giovanni Veronesi
A me non piaceva molto viaggiare, insomma non ero convinto che fosse strettamente necessario conoscere altri popoli viaggiando come Marco Polo in giro per il mondo. Sì, riconoscevo il fascino dell’avventura, della scoperta, dell’esperienza che viaggiare ti può portare, ma volete mettere stare su un comodo divano a leggere, a studiare, a guardare la tv e viaggiare con la fantasia? Come diceva Gaber, “a volte è bellissimo perdere le cose invece di viverle”. Tutto questo per dire che ora non la penso più così, non la penso più come Gaber. Ora penso il contrario, voglio solo viaggiare perché dopo l’esperienza di questo film ho capito che viaggiare non significa conoscere, ma “fatica” di conoscere. Per ITALIANS ho viaggiato quasi un anno e ho amato e odiato i popoli con cui ho lavorato via via che giravo pezzi del film. La lavorazione è stata lunga e tortuosa: prima la fatica del deserto marocchino, poi l’impossibilità di girare a Dubai, dopodiché le difficoltà logistiche di San Pietroburgo e infine il caldo torrido del Qatar. Viaggiare è fatica, fatica di dover conoscere altra gente, altre mentalità, fatica di comunicare, di entrare nella testa di popoli che magari ti snobbano o ti credono inferiore. Fatica! E a me da sempre piace faticare. Mi rende felice, soddisfatto, mi dà la forza di andare avanti. Ma nonostante la fatica, in questo film ho curato i particolari come non avevo mai fatto. Intendo dire, ad esempio, i continui movimenti di macchina che, anche se impercettibili, rendono sempre l’immagine in divenire, come fosse un viaggio, un percorso anche quello. E la scenografia, gli sfondi, gli ambienti sono stati accuratamente e manicanialmente ricercati. Nei titoli vedrete i nomi di tre scenografi, di tre fonici, di due organizzatori generali, insomma un lavoro realmente articolato e faticoso. Però ho scoperto il gusto del “viaggio”, dell’essere straniero e considerato tale, di portare con me quella dose di italianità che mi rende unico nel mazzo di altri stranieri, perché l’italiano lo è.
Il titolo ITALIANS è una gentile concessione di Beppe Severgnini e del corriere della sera che hanno una rubrica da tanti anni sul giornale con lo stesso titolo. In fondo poi questo è il nome con cui veniamo identificati dagli altri. gli ITALIANS sono una categoria ormai riconosciuta, sono come un popolo a sè.
L'idea di ITALIANS è nata in una delle tante cene tra me e Aurelio De Laurentiis. Quando lui mi disse che gli sarebbe piaciuto fare un film sugli italiani famosi all'estero e io gli risposi che a me sarebbe piaciuto fare un film sugli italiani all'estero e basta, anzi meno famosi erano e meglio era. sicuramente sarebbero stati più simpatici e riconoscibili per il pubblico. Lui ci pensò un po' e alla fine della cena disse: “Hai ragione tu, niente famosi!”.
La prima storia nei paesi arabi l'abbiamo scritta con l'aiuto di un nostro amico giornalista, per tanto tempo inviato tv in quei luoghi, Franco di Mare, che ringrazio ancora. Ci siamo documentati molto, addirittura attraverso un agente dell'Interpool, per non sbagliare nulla sui traffici di macchine rubate che finiscono in quelle zone. ho parlato molto con gli attori per definire i personaggi e poi con Chiti e Agnello i miei fidi sceneggiatori abbiamo scritto il testo. Con la storia di Carlo Verdone invece è andata diversamente. Io e Carlo eravamo in viaggio verso Sorrento, per le Giornate Professionali di Cinema) e ci siamo inventati la traccia del soggetto e il suo personaggio e una volta fatto questo con gli sceneggiatori mi sono messo a scrivere. Carlo essendo autore a sua volta controlla sempre ciò che accade e una volta ogni tanto andavo da lui per leggere insieme le pagine di sceneggiatura. Alla fine dopo cinque mesi di scrittura abbiamo consegnato l'intera sceneggiatura. Da lì è cominciato il travaglio. Ora siamo al parto ma se ripenso a quanti momenti difficili ci sono stati...
Sono doverosi i ringraziamenti a tutti i miei collaboratori, audaci e testardi come me, i produttori Aurelio e Luigi che credono in me più di me stesso, a Maurizio Amati che più c’è da lottare e più lotta, a Tani Canevari, un vero scudiero e a tutti gli altri che in qualche modo hanno “viaggiato” con me. Ma concedetemi un ringraziamento speciale a Valeria, la mia Valeria, che mi ha regalato forse il più bel momento del film con il suo sguardo accecante. E’ stata una grande favola questo film ed è per questo che chiude come chiuderebbe una fiaba dolce e antica… “C’era una volta un’Italia fatta di pezza stesa su un prato verde e tanti bambini piccini seduti intorno a lei…”.