Fortunato
(SERGIO CASTELLITTO) è un camionista, disincantato
e un po’ cialtrone, che da molti anni trasporta Ferrari
rubate negli Emirati Arabi per conto di una ditta romana.
Ma quello che sta per compiere – giura – sarà
il suo ultimo viaggio. E’ ora di passare il testimone
al giovane Marcello (RICCARDO SCAMARCIO), da pochi mesi in
prova nella stessa società. Per due giorni e due notti
attraversano il deserto dell’Arabia Saudita alla guida
di una bisarca stipata di lussuosissime Ferrari. E tra esilaranti
avventure e surreali posti di blocco, tra loro nasce una vera
e propria amicizia. Lungo il tragitto avviene anche il commovente
incontro con Hamed, l’unico amico arabo di Fortunato,
un uomo di mezz’età, dall’esistenza umile
ma decorosa, e con sua figlia Haifa. Arrivati a Dubai, Marcello
e Fortunato decidono di concedersi una serata all’insegna
del divertimento in uno dei locali più modaioli della
città. Ma a causa di un incontro inatteso e piuttosto
turbolento finiscono per passare la notte in prigione e per
ritrovarsi coinvolti, il giorno dopo, in una folle gara di
velocità tra Ferrari…
Giulio (CARLO VERDONE) è un dentista che ha da poco
passato la cinquantina, con un bell’attico che affaccia
sui tetti di Roma, un domestico indiano, un matrimonio fallito
che lo ha fatto sprofondare nella depressione più nera
e un imminente convegno a San Pietroburgo a cui non ha più
nessuna voglia di partecipare. Ma il suo collega e amico Fausto
è irremovibile: la Russia è la patria del sesso
facile e una settimana lì è meglio di un anno
di psicoanalisi. Lo mette in contatto con Vito Calzone (DARIO
BANDIERA), improbabile e buffo organizzatore on-line di viaggi
a sfondo sessuale. Giulio accetta di malavoglia, ma è
chiaro da subito con Vito: lui sta partendo per lavoro, è
un professionista stimato e la parola d’ordine deve
essere una sola, discrezione. Ma come parlare di discrezione
con Vito Calzone! Per colpa sua, Giulio andrà incontro
ad una terribile figuraccia con Vera (KSENIA RAPPOPORT), la
sua interprete personale, finirà in festini a sfondo
sadomaso in meravigliose ville, tra persone di dubbia moralità
e in odore di criminalità, e si troverà addirittura
coinvolto in una sparatoria da gangster-movie, da cui uscirà
incolume soltanto grazie al provvidenziale aiuto di Vera…
NOTE
DI REGIA:
Giovanni Veronesi
A me non piaceva molto viaggiare, insomma non ero convinto
che fosse strettamente necessario conoscere altri popoli viaggiando
come Marco Polo in giro per il mondo. Sì, riconoscevo
il fascino dell’avventura, della scoperta, dell’esperienza
che viaggiare ti può portare, ma volete mettere stare
su un comodo divano a leggere, a studiare, a guardare la tv
e viaggiare con la fantasia? Come diceva Gaber, “a volte
è bellissimo perdere le cose invece di viverle”.
Tutto questo per dire che ora non la penso più così,
non la penso più come Gaber. Ora penso il contrario,
voglio solo viaggiare perché dopo l’esperienza
di questo film ho capito che viaggiare non significa conoscere,
ma “fatica” di conoscere. Per ITALIANS ho viaggiato
quasi un anno e ho amato e odiato i popoli con cui ho lavorato
via via che giravo pezzi del film. La lavorazione è
stata lunga e tortuosa: prima la fatica del deserto marocchino,
poi l’impossibilità di girare a Dubai, dopodiché
le difficoltà logistiche di San Pietroburgo e infine
il caldo torrido del Qatar. Viaggiare è fatica, fatica
di dover conoscere altra gente, altre mentalità, fatica
di comunicare, di entrare nella testa di popoli che magari
ti snobbano o ti credono inferiore. Fatica! E a me da sempre
piace faticare. Mi rende felice, soddisfatto, mi dà
la forza di andare avanti. Ma nonostante la fatica, in questo
film ho curato i particolari come non avevo mai fatto. Intendo
dire, ad esempio, i continui movimenti di macchina che, anche
se impercettibili, rendono sempre l’immagine in divenire,
come fosse un viaggio, un percorso anche quello. E la scenografia,
gli sfondi, gli ambienti sono stati accuratamente e manicanialmente
ricercati. Nei titoli vedrete i nomi di tre scenografi, di
tre fonici, di due organizzatori generali, insomma un lavoro
realmente articolato e faticoso. Però ho scoperto il
gusto del “viaggio”, dell’essere straniero
e considerato tale, di portare con me quella dose di italianità
che mi rende unico nel mazzo di altri stranieri, perché
l’italiano lo è.
Il titolo ITALIANS è una gentile concessione di Beppe
Severgnini e del corriere della sera che hanno una rubrica
da tanti anni sul giornale con lo stesso titolo. In fondo
poi questo è il nome con cui veniamo identificati dagli
altri. gli ITALIANS sono una categoria ormai riconosciuta,
sono come un popolo a sè.
L'idea di ITALIANS è nata in una delle tante cene tra
me e Aurelio De Laurentiis. Quando lui mi disse che gli sarebbe
piaciuto fare un film sugli italiani famosi all'estero e io
gli risposi che a me sarebbe piaciuto fare un film sugli italiani
all'estero e basta, anzi meno famosi erano e meglio era. sicuramente
sarebbero stati più simpatici e riconoscibili per il
pubblico. Lui ci pensò un po' e alla fine della cena
disse: “Hai ragione tu, niente famosi!”.
La prima storia nei paesi arabi l'abbiamo scritta con l'aiuto
di un nostro amico giornalista, per tanto tempo inviato tv
in quei luoghi, Franco di Mare, che ringrazio ancora. Ci siamo
documentati molto, addirittura attraverso un agente dell'Interpool,
per non sbagliare nulla sui traffici di macchine rubate che
finiscono in quelle zone. ho parlato molto con gli attori
per definire i personaggi e poi con Chiti e Agnello i miei
fidi sceneggiatori abbiamo scritto il testo. Con la storia
di Carlo Verdone invece è andata diversamente. Io e
Carlo eravamo in viaggio verso Sorrento, per le Giornate Professionali
di Cinema) e ci siamo inventati la traccia del soggetto e
il suo personaggio e una volta fatto questo con gli sceneggiatori
mi sono messo a scrivere. Carlo essendo autore a sua volta
controlla sempre ciò che accade e una volta ogni tanto
andavo da lui per leggere insieme le pagine di sceneggiatura.
Alla fine dopo cinque mesi di scrittura abbiamo consegnato
l'intera sceneggiatura. Da lì è cominciato il
travaglio. Ora siamo al parto ma se ripenso a quanti momenti
difficili ci sono stati...
Sono doverosi i ringraziamenti a tutti i miei collaboratori,
audaci e testardi come me, i produttori Aurelio e Luigi che
credono in me più di me stesso, a Maurizio Amati che
più c’è da lottare e più lotta,
a Tani Canevari, un vero scudiero e a tutti gli altri che
in qualche modo hanno “viaggiato” con me. Ma concedetemi
un ringraziamento speciale a Valeria, la mia Valeria, che
mi ha regalato forse il più bel momento del film con
il suo sguardo accecante. E’ stata una grande favola
questo film ed è per questo che chiude come chiuderebbe
una fiaba dolce e antica… “C’era una volta
un’Italia fatta di pezza stesa su un prato verde e tanti
bambini piccini seduti intorno a lei…”.