In Iran,
nel Golfo Persico, staziona una vecchia petroliera. L’imbarcazione
ha però cambiato la sua ragion d’essere. Da qualche
tempo, infatti, una piccola comunità di persone, non
avendo mezzi di sussistenza né una casa, decide di
stabilirsi lì in modo permanente. Quella diventa la
loro casa, circondata dal mare e interamente composta di ferro.
La pellicola è opera di Mohammad Rasoulof, alla sua
seconda fatica registica. Il primo film, The
Twilight, ha ricevuto buoni consensi di critica. L’isola
di ferro è stato presentato al Festival del
Cinema di Cannes 2005, nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.
L’autore della pellicola ha voluto presentare uno spaccato
di vita comunitaria, all’interno di una realtà
fuori dal comune, con un’idea di fondo molto chiara:
la speranza può sopravvivere anche in posti del genere.
In fondo l’uomo è in grado di abituarsi a tutto,
anche allo spazio vitale ridotto e all’impossibilità
di movimento. «Ho vissuto con “gli abitanti
dell’Isola di ferro” – dichiara Rasoulof
- e li conosco bene. Ho cercato di riproporre con immagini
realistiche la vita di quella gente, la condizione penosa
che ho visto dipinta sul viso di ognuno di loro. Mi sono ispirato
ad una pièce teatrale che avevo scritto dieci anni
fa, riprendendone i personaggi principali. Il pesce-bambino
(passa le sue giornate a recuperare i pesci caduti in fondo
alla petroliera per ridargli la libertà, ndr) rappresenta
la speranza, incarna la nuova generazione, quella che forse
riuscirà a liberarsi dalle condizioni in cui sono imprigionati
i predecessori. Il vecchio che fissa il sole (non fa altro
che aspettare un segnale dal sole guardandolo intensamente,
ndr) è lo sguardo di tutti gli orientali: esprime la
speranza che qualcosa sta per succedere. Si resta in attesa,
nel bisogno di luce. Quest’attesa può significare
il rifiuto del presente. Ad ogni modo il vecchio alla fine
del film inizia a ridere... ».
La cinepresa è spesso fissa, i movimenti sono pochi
e da manuale, ma le luci naturali e l’espressività
degli attori riempiono lo schermo, offrendo momenti di sincera
intensità. [valentina
venturi]