L'isola di ferro
Jazireh Ahani
Regia
Mohammad Rasoulof
Sceneggiatura
Mohammad Rasoulof
Fotografia
Reza Jalali
Montaggio
Bahram Dehghan
Musica
Mohammad-Reaza Aligholi
Interpreti
Ali Nasirian, Hossein Farzi-Zadeh, Neda Pakdaman
Anno
2005
Durata
90'
Nazione
Iran
Genere
drammatico
Distribuzione
Lucky Red

In Iran, nel Golfo Persico, staziona una vecchia petroliera. L’imbarcazione ha però cambiato la sua ragion d’essere. Da qualche tempo, infatti, una piccola comunità di persone, non avendo mezzi di sussistenza né una casa, decide di stabilirsi lì in modo permanente. Quella diventa la loro casa, circondata dal mare e interamente composta di ferro. La pellicola è opera di Mohammad Rasoulof, alla sua seconda fatica registica. Il primo film, The Twilight, ha ricevuto buoni consensi di critica. L’isola di ferro è stato presentato al Festival del Cinema di Cannes 2005, nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.
L’autore della pellicola ha voluto presentare uno spaccato di vita comunitaria, all’interno di una realtà fuori dal comune, con un’idea di fondo molto chiara: la speranza può sopravvivere anche in posti del genere. In fondo l’uomo è in grado di abituarsi a tutto, anche allo spazio vitale ridotto e all’impossibilità di movimento. «Ho vissuto con “gli abitanti dell’Isola di ferro” – dichiara Rasoulof - e li conosco bene. Ho cercato di riproporre con immagini realistiche la vita di quella gente, la condizione penosa che ho visto dipinta sul viso di ognuno di loro. Mi sono ispirato ad una pièce teatrale che avevo scritto dieci anni fa, riprendendone i personaggi principali. Il pesce-bambino (passa le sue giornate a recuperare i pesci caduti in fondo alla petroliera per ridargli la libertà, ndr) rappresenta la speranza, incarna la nuova generazione, quella che forse riuscirà a liberarsi dalle condizioni in cui sono imprigionati i predecessori. Il vecchio che fissa il sole (non fa altro che aspettare un segnale dal sole guardandolo intensamente, ndr) è lo sguardo di tutti gli orientali: esprime la speranza che qualcosa sta per succedere. Si resta in attesa, nel bisogno di luce. Quest’attesa può significare il rifiuto del presente. Ad ogni modo il vecchio alla fine del film inizia a ridere... ».
La cinepresa è spesso fissa, i movimenti sono pochi e da manuale, ma le luci naturali e l’espressività degli attori riempiono lo schermo, offrendo momenti di sincera intensità. [valentina venturi]