La
vita di Angie è ad una svolta. Licenziata per l’ennesima
volta, si trova a dover decidere se continuare a lavorare
sotto qualcuno e rischiare di trovarsi di nuovo col culo per
terra o tentare il colpaccio e mettersi in proprio. Energica,
ambiziosa e tenace Angie opta per la seconda chance e con
la coinquilina Rose, laureata costretta a lavorare come call
center, decide di aprire un’agenzia interinale per extracomunitari.
A parte le difficoltà iniziali il progetto delle due
amiche sembra andare in porto ma il miracolo del lavoro flessibile
e della globalizzazione si rivelerà ben presto un miraggio.
Come sempre accade nel cinema di Ken Loach, regista corrosivo
e militante, attivo sin dagli anni Sessanta, quando si auspicava
davvero ad una rivoluzione sociale ancor prima che culturale
ed economica, lo sguardo che ricorre è come al solito
puntuale nell’evidenziare la piaga attuale del suo Paese:
il lavoro. Che però da quella che era la desolante
condizione dei proletari inglesi, tematica portante di tutto
il suo cinema, passa alla ancora più misera condizione
dei nullatenenti stranieri. Certo nel film si parla di Londra
ma è come se si parlasse di Roma, Berlino, Parigi.
Europa insomma. La tanto amata Europa unita. La molteplicità
di etnie londinese deve però fare i conti con la mancata
integrazione, con il lavoro nero e con la criminalità.
Angie è un’antieroina, non la si può certo
definire un personaggio simpatico. È un pesce piccolo
che si nutre degli avanzi degli altri pesci piccoli, invece
di fare forza unendosi tra loro. Pur avendo slanci di solidarietà
è una donna contraddittoria, ambigua, egoista. Salva
se stessa, suo figlio e nessun altro. Ma l’avidità
si paga. E anche se in apparenza fai del bene l’ipocrisia
degli intenti prima o poi ti crolla sotto i piedi. Angie gioca
col fuoco. E si brucia completamente. In nome di una globalizzazione
che non c’è, di una regolamentazione che latita,
di leggi che esistono solo per essere ignorate. Ma l’antieroismo
di Angie risulta palese proprio dalla sua accidia, dalla sua
scarsa volontà di cambiare le cose. Preferisce adattarsi,
uniformarsi al sistema piuttosto che combattere fino in fondo
contro le ingiustizie, si dà dei margini di tempo per
mettere tutto in regola ma poi degenera, si lascia traviare
dall’abbaglio di un guadagno facile e perde l’orientamento.
Assorbita da una famiglia che non la capisce, da una società
che non la rispetta, da una vita che non le compete. Eppure
è dotata di talento, ma come riuscire ad emergere in
un mondo spietato e senza regole come quello di oggi? Sembra
non esserci speranza per Loach, la sua Angie si ritroverà
sola, piena di debiti e terrorizzata dalla malavita che ha
cercato di gabbare…Tocca forse rimboccarsi le maniche
e ricominciare senza troppe esitazioni.
[marco catola]