Le
premesse affinché un giovane regista italiano possa
essere venduto e lanciato anche all’estero ci sono tutte.
Location sparse per il mondo: da Roma, all’Inghilterra,
passando per l’Isola d’Elba per arrivare infine
su un rifugio a 3500 metri sul Monte Bianco. Una fotografia
ricercata, con cambi di obiettivo e filtri a seconda della
drammaticità del film: le violenze psicologiche e fisiche
sono descritte in bianco e nero; i momenti in cui il “grande
fratello telefonico” sta ascoltando la vita altrui sono
in rosso; la speranza di salvezza è evidenziata dalla
luce dell’Isola d’Elba e dalle purezza della neve.
Anche la scelta del cast internazionale, è appetibile
per il mercato straniero: Maya Sansa che, dopo il successo
nella pellicola impegnata Buongiorno
notte di Marco Bellocchio, ha voluto lanciarsi in un
progetto più leggero; Michael Parks, interprete statunitense
presente in Kill Bill I nel ruolo
di Earl McGraw e nel seguito come Esteban Vihao; l’italianissimo
Andrea Tidona e Anthony Ashe nei panni del venditore senza
scrupoli James Parks. La sceneggiatura, poi, si svolge su
vari livelli: dopo un inizio didascalico i piani narrativi
si sdoppiano, si incrociano e si sovrappongono in un crescente
stato di tensione.
Eppure, nonostante l’evidente impegno economico e organizzativo,
il miracolo non si è compiuto. Tutto ha inizio da un
avamposto tecnologico americano presente sul suolo inglese:
la Wendell-Cranshaw Technologies, un’azienda privata
statunitense abusa del sistema di intercettazione globale
delle telecomunicazioni battezzato Echelon, sviluppato dalla
National Security Agency (Nsa). Quando per caso un’inconsapevole
ragazza romana si ritrova tra le mani i manuali, il sospetto
di spionaggio industriale è immediato e il destino
della giovane è segnato. Gli emissari della società
la rapiscono, interrogano e poi tentano di lobotomizzare.
È a questo punto che le cose sembrano non essere più
molto verosimili: interviene un anziano dipendente di Echelon,
Michael Parks alias James Wagley che, avendo un passato sentimentale
da dimenticare (ai fini della storia cosa c’entra?)
decide di impedire l’omicidio di un’innocente.
Da questo momento il film prende il via, tra inseguimenti,
ragionamenti contorti, fughe e utilizzo di tecnologie avanzate,
ma l’attendibilità della vicenda si perde lungo
il tragitto. Più va avanti l’intricata vicenda
e maggiori sono le crepe, a cominciare da Maya Sansa, poco
credibile nel ruolo di ignara che dopo una notte di violenze
psicologiche, accetta l’aiuto di uno uomo mai visto
prima. Giacomo Martelli ricorda con quanto impegno è
stato girato il film: “Le sfide sono state tante
ed a tratti io e i miei colleghi ci siamo domandati se non
stavamo forse chiedendoci un po’ troppo, sottoponendoci
(e per molti di noi era la prima volta) ad un percorso ad
ostacoli fatto di quasi tutti i classici della difficoltà
della ripresa: da -15°c a + 40°c, maltempo, furti,
cast e troupe grandi e multilingue, incendi, navi, traghetti,
elicotteri, gatto delle nevi, auto, aerei, neve, mare, sole,
notti, riprese in cordata con le guide alpine a picchi di
3700 metri con il protagonista 65enne, scene stunt, monitor
e computer, campo de’ fiori di notte a ferragosto, bambini,
cani e la demolizione del nostro interno principale”.
Dopo quattro anni di lavoro, la storia poteva essere trasposta
in film in modo meno intricato, con minori lungaggini. La
buona volontà e l’impegno sono comunque apprezzabili.
[valentina venturi]
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