Spagna,
1944. La fine della Guerra Civile. Carmen (Aridna Gil), che
si é risposata da poco, si trasferisce insieme alla
figlia Ofélia (Ivana Baquero) a casa del nuovo marito,
il freddo e autoritario Vidal (Sergi López), capitano
dell’esercito di Franco. Trovando insopportabile la
nuova vita, la giovane Ofélia trova rifugio in un misterioso
labirinto che ha scovato vicino alla grande casa di famiglia
e dove il Fauno, la magica creatura che fa a guardiano al
labirinto, le rivela che è proprio lei la principessa
smarrita di un regno magico. Ma per scoprire la verità,
Ofélia dovrà portare a termine tre compiti pericolosi,
per i quali non è affatto preparata…
Leggenda innestata nella storia, fantasia a far da contorno
alla realtà. Uno straniante connubio quello scelto
da Guillermo del Toro, talento visivo di Guadalajara (Messico)
ed architetto di opere sospese tra il fantasy e la rielaborazione
della mitologia horror con Blade II,
Hellboy, Mimic,
Il segno del diavolo e soprattutto
la sua fulminate opera d’esordio Cronos.
Se la realtà è un incubo, allora meglio rifugiarsi
in un mondo fatto di mostri, fauni, fate e luoghi incantati
a cui accedere attraverso un’immaginaria porta disegnata
con il gesso, tanto i veri mostri, quelli più sanguinari
dominano il mondo della realtà, non quello della fantasia,
in cui tutto è possibile e dove la morte non è
altro che una rinascita.
Visivamente interessante, ispiratosi al grande illustratore
inglese di fantasy Arthur Rackham per l’atmosfera generale
e ad alcune opere del pittore Goya per le creature, Del Toro
sviluppa gli intrecci narrativi ambientati nella realtà
e nel mondo delle favole con estremo schematismo, senza grandi
sbalzi inventivi che finiscono per dare un senso di già
visto e noto ad un’opera che per la sua particolarità
avrebbe meritato maggior coraggio ed originalità.
Da sottolineare la magistrale interpretazione del Capitano
franchista Vidal da parte di Sergi Lopez, il vero Fauno protagonista
della pellicola, che subirà la peggiore delle condanne
a cui un uomo è destinato, l’oblio del proprio
nome nella memoria del proprio figlio.
[fabio melandri]
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