L’opera
di Wolfgang Amadeus Mozart Il Flauto
Magico è stato rappresentato per la prima volta
nel lontano 1791 riscuotendo un immediato succeso presso il
pubblico grazie ad elementi come amore, lotta perenne tra
bene e male, avventura, fratellanza.
La storia dell’amore tra Tamino e la figlia della Regina
della Notte, Pamina, è osteggiata dalle forze delle
tenebre capeggiate dal suo Signore, Sarastro. Rapita da questa,
Tamino è incaricato di liberarla avvalendosi unicamente
dell’aiuto di Papageno, comico e burlesco contraltare
di Tamino anche lui in cerca dell’amore nelle sembianze
della misteriosa Papagena, e di un Flauto Magico.
Ma le apparenze ingannano e l’amore tra Tamino e Pamina
è osteggiata da pericoli invisibili ed inaspettati.
Per mettere in scena sul grande schermo un’opera complessa
ed articolata come questa il produttore Pierre-Olivier Bardet
ha deciso di tradurre il libretto in inglese, affidandolo
al poliedrico attore/scrittore/commediografo Stephen Fry –
lo ricordiamo nei panni di Oscar Wilde nella trasposizione
cinematografica della sua biografia Wilde
- “Quando Mozart ha composto “Il flauto magico”
nel XVIII secolo, intendeva fare un’opera veramente
popolare, dedicata a un pubblico molto vasto. Per questo il
libretto è stato scritto in tedesco e non in italiano,
come tutti i libretti dell’epoca. Quindi tradurlo in
inglese ha significto seguire la strada intrapresa da Mozart
e Schikaneder all’epoca, per renderlo il più
fruibile possibile. E oggi l’inglese è la lingua
più presente nel cinema”.
Colpito dalla visionarietà e modernità delle
messe in scena per il grande schermo delle opere di Shakespeare
– da Pene d’amore perdute
a Molto rumore per nulla –
Bardet ha affidato il comando delle operazioni a Kenneth Branagh
che entusiasta ha accettato: “La sfida – racconta
il regista - era molto simile a quella dei film tratti dai
lavori di Shakespeare. Far passare un’opera d‘arte
da un medium a un altro, senza perdere la magnificenza che
vuoi celebrare. Ma come Shakespeare, Mozart è molto
robusto. “Il flauto magico” ha vissuto varie ambientazioni,
come “Amleto”. E’ stato sulla luna, al circo,
a Stonehenge, in spiaggia e Mozart è sempre sopravvissuto.
Una chiave per me è la fedeltà della performance,
non importa quanto siano estreme le problematiche tecniche,
che si tratti di Shakespeare o di Mozart”.
Branagh opta per una messa in scena onirica, barocca, ricchissima,
in un mix di stilemi figurativi impressionanti e di grande
impatto visivo. Sceglie di trasportare la vicenda ai tempi
della Prima Guerra Mondiale: “Al centro di “Il
flauto magico” c’è l’analisi di un
conflitto, incarnato dalla musica, e lo sviluppo dell’opera
riguarda la determinazione degli antagonisti. La luce opposta
alle tenebre, l’amore all’odio e, nel nostro caso,
più direttamente, la pace opposta alla guerra. Lo scontro
più aperto è tra Sarastro e la Regina della
Notte. Ambientandolo visivamente durante la Prima Guerra mondiale
e assegnando a ognuno un esercito, si da il senso delle dimensioni
delle azioni dei personaggi. La Grande Guerra fornisce un
territorio sia letterario che metaforico, emotivo e complesso
come è l’opera stessa. E’ anche vero che
in questo momento della nostra storia la musica, le canzoni,
la poesia sono parte del meccanismo di sopravvivenza. L’ambientazione
permette poi romanticismo, umorismo e “l’opera
comica” emerge con forza. In termini di plot fornisce
anche il set per un’avventura epica e di suspence coerente
con la narrazione cinematografica”.
Il tono favolistico ed onirico è quello preponderante
in un’opera che si apre con un finto piano sequenza
di oltre 8 minuti di durata che trasporta lo spettatore dalle
profondità delle trincee scavate nella terra sino alle
nuvole sopra l’attacco aereo portato alle trincee per
precipitare nuovamente nei meandri inestricabili delle stesse.
Elementi gotici che sembrano tratti dalle favole dei fratelli
Grimm, si miscelano con una leggerezza tipica di alcune delle
opere del Bardo, soprattutto in personaggi come Papageno che
richiama per i suoi toni burleschi e pasticcioni il Puck del
Sogno si una notte di mezza estate,
la cui storia d’amore comica per la misteriosa Papagena
fa da contraltare a quella ben più seria e drammatica
che vede Tamino e Pamina.
Interpretato da cantanti lirici alla loro prima esperienza
cinematografica, Il Flauto Magico
rimane un’opera curiosa, anomala nel suo genere, divertente
e di sicuro fascino. Forse difficile per il pubblico italiano
– notoriamente restio alle opere programmate in versione
originale con i sottotitoli, doverosi qui come non mai –
ma che ci riporta agli albori del cinema quando questa meravigliosa
arte era ancora capace di produrre sogni ad occhi aperti.
[fabio melandri]