Erica
Bain gira le strade di New York catturando rumori, suoni,
storie che poi riporta nella trasmissione radiofonica che
conduce. Racconta una città, la città più
sicura al mondo, nel suo continuo divenire dove i grattacieli
sono particelle di un DNA che corre lungo le sue highways.
E' la sua città e lei si sente sicura. Sicurezza che
improvvisamente svanisce quando viene aggredita da una banda
di teppisti insieme al suo fidanzato. Lei rimane in coma per
tre settimane, lui perderà la vita.
A questo punto la vita di Erica cambia radicalmente. I luoghi
che prima conosceva così bene e le erano familiari,
assumono una connotazione diversa, sconosciuta. I rumori che
prima catturava ora la opprimono scavandola in profondità,
alimentando quella bestia oscura che cova nell'animo di ognuno
di noi e che si chiama paura.
La paura ha la capacità di modificare i valori morali
e paletti etici di una persona, trasformandola in un "estranea"
a se stessa. Erica entra in contatto con questo estraneo nella
maniera più dolorosa e traumatica possibile. E' costretta
prima ad accettarla per tentare di imparare a conviverci.
Un'esistenza non facile se si disprezza intimamente la sua
natura e le sue azioni. Un estraneo che ha le medesime mani,
gli stessi piedi, un unico corpo ma che non si ri-conosce
come proprio. Ma Erica è condannata a non rimanere
prigioniera della paura quando scatta in lei una leva che
è ancora più forte: la vendetta. Contro l'ingiustizia,
imperniata di quella cultura americana che "giustifica"
la giustizia personale da far west, contro i soprusi dei violenti
nei confronti dei più deboli; per tacitare la bestia
che è in se si mette alla caccia dei suoi aggressori.
Sul suo cammino incrocia la figura del detective della polizia
Mercer che combatte da tre anni per consegnare alla giustizia
un pericoloso quanto socialmente rispettato trafficante di
uomini, armi, droga. Lui rappresenta la speranza che un altro
mondo è possibile, che alla fine del tunnel vi sia
luce, che la giustizia degli uomini possa avere ancora una
dimensione etico-morale che valga la pena difendere. Ed è
a lui che Erica si attacca disperatamente. Ma presto scopriremo
come invece di salvarla dal suo destino, Mercer ne rimarrà
in qualche modo contaminato.
Neil Jordan (La moglie del soldato,
Intervista con il vampiro, Michael
Collins) torna al mainstream cinema con un thriller
inusuale che superficialmente può richiamare Il
giustiziere della notte ma che affronta la tematica
della paura e della vendetta con maggior maturità,
ponendo interrogativi etici-morali ai quali lascia libertà
di soluzione allo spettatore. Attraverso la sofferta interpretazione
di una Jodie Foster le cui rughe non fanno altro che esaltare
l'imperfetta bellezza di questa attrice nata "cinematograficamente"
per le strade di New York (Taxi Driver),
Il buio nell'anima ci cala nelle
profondità della psiche umana, evidenziandone i comportamenti
senza teorizzarli, in un percorso di autoconoscenza di se
che può essere proprio di tutti.
La regia accompagna la protagonista in questo suo intimo e
doloroso viaggio, con stile lineare e leggero durante i momenti
piani dell'azione, per inclinare letteralmente l'asse visiva
nei momenti di maggior tensione emotiva, indirizzando lo sguardo
dello spettatore attraverso un piano inclinato come le schegge
di uno specchio infranto in cui siamo costretti a guardarci
senza più riconoscerci.
In un'America forcaiola, che altro non è che lo specchio
di una situazione più generalizzata - basti vedere
cosa accade in casa nostra - la giustizia sembra necessitare
di una nuova definizione, di nuovi parametri di giudizio,
di nuovi paletti, perchè di fronte a quanto accade
nel mondo esterno, di fronte alle decisioni che vengono prese
dall'alto, sono poi le vite dei singoli individui privati
a rimanere principalmente e drammaticamente offese. Senza
alcuna possibilità di difesa.
[fabio melandri]