Per Kathryn
Bigelow la guerra è come una droga perché crea
dipendenza. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui
se, come ci insegna la storia, la guerra è davvero
l’inferno, l'uomo scelga di continuare a farla.
A riprova della sua teoria, peraltro condivisibile se si pensa
che oggi la maggioranza degli eserciti è formata da
volontari, porta sullo schermo la storia di un gruppo "elitario"
di soldati di istanza in Iraq che svolge uno dei mestieri
più pericolosi al mondo: disinnescare bombe durante
il combattimento. La squadra guidata dal sergente James, chiamato
a sostituire il suo predecessore saltato in aria durante un'operazione
finita male, si ritrova a portare a termine la loro pericolosa
missione nel bel mezzo del caos cittadino. La situazione si
complica ulteriormente perché James, sprezzante del
pericolo e poco incline a seguire gli ordini, tende a mettere
in pericolo la vita sua e dei suoi commilitoni...
Il film della Bigelow parte come un film d'azione bellica
d'altri tempi, genere in cui sembra ormai essersi specializzata
(al festival di Venezia del 2003 presentò fuori concorso
K-19, kolossal su un sottomarino
russo destinato al tracollo durante un'esercitazione), per
poi aprirsi a ventaglio suelle scelte personali dei singoli
soldati ciascuno con un diverso punto di vista rispetto alla
propria professione.C'è chi non ne può più
e vuole crearsi una famiglia, c'è chi non regge lo
stress e non si rende più conto di quello che fa, c'è
chi non si adatta alla vita "normale" e preferisce
servire il proprio Paese.
The Hurt Locker è basato
su quanto ha visto in prima persona il giornalista e sceneggiatore
Mark Boal che per un periodo è stato inviato al seguito
di un reparto speciale di artificieri in Iraq. La Bigelow
si è detta interessata soprattutto al tema della paura
vista non tanto come elemento divergente ma solidale. Questo
gruppo di soldati è accomunato dalla paura che permette
loro di capire che cosa conta davvero e che cosa è
insignificante. La vicinanza con la morte e la scelta del
rischio sono i due punti cardine su cui si fonda la rappresentazione
dei suoi personaggi. Questi soldati sono consapevoli che le
bombe che devono disinnescare possono scoppiare nel giro di
poco tempo con un raggio di 300 metri ma scelgono di portare
a termine questa missione ad alto rischio. E ne vanno fieri
tanto che forse finiscono per credere (come nel caso di James)
di non essere in grado di fare altro. Il pericolo chiama altro
pericolo proprio come una droga. Anche quando tornerà
a casa e si troverà a vivere la normalità familiare
con moglie e figlio James sceglierà di tornare di nuovo
al suo lavoro, l'unico in grado di fare.
[marco catola]