Tre
ragazzi, due americani ed un europeo (finlandese) durante un
inter-rail del sesso attraverso la vecchia Europa, di stanza
ad Amsterdam (con tutti i suoi luoghi comuni anessi) ed in procinto
di recarsi a Barcellona (con tutti i suoi luoghi comuni connessi),
vengono convinti a fare rotta verso un piccolo paese slovacco,
nei pressi di Bratislava, dove li attende un ostello della gioventù
in cui le più ardite fantasie sessuali adolescenziali
divengono realtà. E così infatti sarà,
in tutti i sensi.
Al loro arrivo i tre giovani vengono sedotti da procaci ed assai
disponibili ragazze dall’aspetto vagamente vampiresco.
Ma la mattina dopo misteriosi accadimenti iniziano a verificarsi,
ed uno dopo l’altro i nostri “eroi” iniziano
a scomparire senza lasciare tracce.
Hostel per almeno una quarantina
di minuti viaggia sul filo della commedia demenziale americana
(Road Trip, American
Pie, Maial College) o pecoreccia
all’italiana che si voglia. Ma all’incirca nel mezzo
del cammino della sua durata, il film vira decisamente verso
il genere horror, del filone più facile e sempliciotto,
che punta sull’estremizzazione della visione, del riempimento
dell’inquadratura con sangue, mutilazioni e corpi smembrati
a discapito di una seppur minima traccia di suspense ed originalità,
tematica o estetica che sia. Prodotto da Quentin Tarantino,
ma saremmo curiosi di sapere quanto peso abbia realmente avuto
nella realizzazione della pellicola e quanto il suo nome venga
altresì utilizzato a mo’ di specchietto per le
allodole, Hostel è diretto
da quel Eli Roth autore un paio di anni fa di un horror di alcuna
pretesa che ebbe invece un inaspettato successo al botteghino,
Cabin Fever.
Hostel nonostante un ambientazione
che ricorda i vecchi film di Dracula della Hammer e veri e propri
inserti da classici del genere horror/fantascienza, la banda
di ragazzini che imperversa nella cittadina ricorda sin troppo
da vicino i ragazzini terribili de Il
villaggio dei dannati, si segnala per una serie di dialoghi
dementi, di personaggi odiosi ed uno sviluppo narrativo prevedibile
e scontato capace di anestetizzare ogni emozione e brivido.
Un livello di attenzione che segna calma piatta anche nella
parte conclusiva della storia ambientata in una ex-fabbrica
trasformata in mattatoio/sala giochi da una serie di ricchi
ed annoiati macellai, in cui l’effetto gore dovrebbe raggiungere
il suo culmine e dove la comunicazione del film sfidava addirittura
lo spettatore a resistere sino alla sua conclusione. Fallimento
su tutta la linea. Gli unici brividi per il pubblico vengono
dal pensiero del prezzo del biglietto pagato. Sigh.
[fabio melandri] |
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