Aidan
Breslin (D. Quaid, con il volto adatto al poliziotto logorato
e indurito dagli eventi) è un detective con una vita
familiare giunta al capolinea: morta la moglie in seguito
ad un tumore, non riesce a seguire la crescita e i bisogni
dei due figli. Ad aggravare i loro rapporti c’è
il lavoro. Un assassino seriale uccide a ripetizione vittime
che non sembrano collegate tra loro, tranne per un indizio:
riferimenti al testo finale del Nuovo Testamento, l'Apocalisse,
con i suoi quattro cavalieri (Guerra, Fame, Peste e Morte).
Sono loro, e non solamente un singolo, gli artefici delle
crudeli e inumane morti. Seguendo le labili tracce che legge
nel modus operandi del killer, Breslin si addentra in una
serie di ipotesi, ma perde giorno dopo giorno il rapporto
con chi gli sta accanto. Entra inaspettatamente in contatto
con l'unica vittima (una Ziyi Zhang nella parte della cattiva,
un po’ troppo intenta a dare credibilità al suo
ruolo più che a crederci), che è riuscita a
salvarsi dall'aggressione del killer. Con sorpresa e panico,
scopre che gli indizi portano verso un insospettabile…
Il regista svedese Åkerlund, specializzato in videoclip,
realizza il suo primo lungometraggio e non sbaglia. The
Horsemen è un horror che riesce a mantenere
alta la tensione per gran parte della storia. Le riprese sono
realizzare con la giusta tecnica, la fotografia è adeguatamente
scura e cupa e gli interpreti fanno il loro dovere con credibilità.
Il vero intralcio è nella sceneggiatura: il motivo
su cui ruota l’intera vicenda è risibile. Quando
finalmente il giovane, sospeso all’interno del teatro,
svela le sue motivazioni (per saperle è giusto vedere
la pellicola), la tensione lascia spazio ad un moto di riso
incolpevole. Il riferimento a Seven
è a dir poco azzardato, per non dire avventato. [valentina
venturi]