Hercules,
dono di Era figlio di Zeus, è il dono che quest'ultimo
concede alla Regina Alcmena per liberare il suo popolo dal feroce
e sanguinario marito Anfitrione – lo sborone – che
nulla fa per nascondere la sua predilezione per il pallido primogenito
Ificle.
Ma è l'attrazione reciproca tra Hercules e la principessa
troiana Ebe, a scatenare gli eventi che porteranno Hercules
ad affrontare insieme all'amico Sotero mille pericoli lontani
dall'amata principessa/terra/madre prima di fare ritorno per
liberare il suo popolo dal tirannico patrigno e diventare il
più grande degli eroi greci.
Renny
Harlin, autore di divertenti ed innocui action movie (58
minuti per morire -Die Hard, Cliffhunger, Corsari
con l'ex moglie Geena Davis prima di cadere un po' nel dimenticatoio
del cinema mainstream) ci trasporta nell'antica Grecia, in
un limbo tra storia e mitologia, in cui uomini e Dei incrociavano
le loro vite e destini: “ A quei tempi, per aiutare
gli uomini a capire ed affrotare il mondo e la vita, c'era
una divinità per tutto; che si trattasse di una tempesta
o di un tuono, di amore o di morte, c'era un Dio per ogni
cosa – racconta il regista. Un conflitto tra fato e
libero arbitrio (quello scelto da Hercules contro il suo destino
che prevede ben altri progetti), tra la responsabilità
verso gli uomini e i propri desideri personali, che viene
reso sullo schermo in maniera assai semplicistica.
All'eccessiva
semplificazione di trama e personaggi, sacrificati sull'altare
dello spettacolo (?) e di un pubblico che i produttori si
augurano il più vasto possibile, non viene compensata
da una realizzazione all'altezza della situazione. Hercules
sembra girato con gli scarti di 300,
pare una pallida copia della serie televisiva Spartacus
(almeno qui pieno di scene di sesso e sangue che stimola la
pruriginosa curiosità del pubblico che va a sopperire
la debolezza interpretativa degli interpreti), con dialoghi
risibili dalla profondità di una soap-opera.
Una serie
di parossistici combattimenti in slow motion, digrigni e grugniti
digrigni di denti e mascelle elargiti con eccessiva generosità,
effetti speciali assai poco speciali, completano il panorama
di una pellicola debole e facilmente dimenticabile.
[fabio melandri]