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Anno
2012
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Durata
86'
Uscita
02/03/2012
distribuzione
Iris Film |
Regia |
Alessandro
Piva |
Sceneggiatura |
Alessandro
Piva |
Fotografia |
Lorenzo
Adorisio |
Montaggio |
Alessandro Piva |
Scenografia |
Marianna
Sciveres |
Costumi |
Carolina Olcese |
Musica |
Andrea Farri |
Produzione |
Seminal
Film,
Bianca Film |
Interpreti |
Carolina
Crescentini, Claudio Gioé,
Aurelien Gaya,
Pietro De Silva,
Paolo Sassanelli,
Michele Riondino, Alfonso Santagata,
Eriq Ebouaney,
Dino Abbrescia,
David Coco,
Vito Facciolla,
Max Mazzotta,
Susy Laude |
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Presentato
al Torino Film Festival numero 28 e premiato dal pubblico,
“Henry”
è ispirato dall'omonimo romanzo di Giovanni Mastrangelo
del 2006.
Sia il libro che il film descrivono il volto della Roma di
oggi, ma quello più scuro e nascosto, al cui interno
si dibattono spacciatori casalinghi, giovani e ingenui tossici,
una banda di malavitosi meridionali e la concorrenza di una
gang di africani. “Henry”, diretto da Alessandro
Piva, autoprodotto con coraggio e pervicacia, è il
nome che viene legato alla droga più pura.
I protagonisti attorno cui ruotano i tre giorni di inseguimenti,
feste, bugie, ospedali, sesso e fughe sono Nina (Carolina
Crescentini, sempre pronta a mostrare le sue grazie) e Gianni
(un Michele Riondino sempre più bravo), due giovani
tossici innamorati che loro malgrado si trovano coinvolti
in un duplice omicidio. Quello dello spacciatore Spillo (Max
Mazzotta, il cui accento meridionale è inspiegabile
e risulta la vera stonatura dell’intera sceneggiatura)
e della madre. Due poliziotti indagano sulla loro morte, Bellucci
(l’ottimo Paolo Sassanelli agente ormai esperto e disilluso)
e Silvestri (Claudio Gioé, semplice e lineare come
richiede il ruolo), alle prese con la maternità e l’imborghesimento.
I due indagano e ben presto dispiegano la matassa, annodata
da fili vari: la banda di spacciatori meridionali guidati
da Franco (Alfonso Santagata), quella africana di Karanja
(Eriq Ebouaney), le bugie di Rocco (Pietro De Silva) che per
avere la sua dose giornaliera è pronto a mentire e
tradire. I passaggi cruciali della storia sono affidati a
una sorta di confessione alla telecamera dei vari personaggi:
confessione che rivela e svela parte del finale.
Il regista Piva precisa le caratteristiche della pellicola:
“Henry è un film incosciente e piratesco, dal
punto di vista artistico come da quello produttivo, in barba
alle regole di chi giudica il cinema con il telecomando in
mano. Il plot di genere è solo uno spioncino, oltre
la porta c’è la vera questione: capire dove stiamo
andando e saperlo raccontare. “Henry”
vuole scassinare la serratura, uscire dalla stanzetta nella
quale, a parte rare e felici fughe, si è fatto richiudere
da tempo il cinema italiano”.
Un noir italiano ben diretto, di rado se ne vedono così
sul grande schermo, a cui gli attori hanno aderito con entusiasmo,
al punto da accettare la paga sindacale. Su tutti svetta Dino
Abbrescia che regala uno dialetto napoletano impareggiabile.
[valentina
venturi]
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