Habana Blues
id.
Regia
Benito Zambrano
Sceneggiatura
Benito Zambrano, Ernesto Chao
Fotografia
Jean Claude Larrieu
Montaggio
Fernando Pardo
Musica
José Luis Garrido, Juan Antonio Leyva, Jorge Marin
Interpreti
Alberto Joel Garcia Osorio, Roberto Sanmartin, Yailene Sierra,
Tomas Cao Uriza, Zenia Marabal, Marta Calvo, Roger Pera
Anno
2005
Durata
111'
Nazione
Spagna/Francia
Genere
commedia
Distribuzione
Warner Bros
La vita è fatta di scelte! Da questo assunto per niente originale il regista e sceneggiatore Benito Zambrano ha messo inscena una coloratissima e musicale commedia ambientata all’Havana. La scelta tra seguire i propri sogni o essere coerente con i propri ideali, tra aprirsi al mondo o rimanere chiusi nel proprio rassicurante guscio è quella che nel mezzo del cammino della loro vita metterà uno di fronte all’altro dividendoli per sempre i due amici per la pelle Ruy e Tito, musicisti senza un soldo che sopravvivono in quell’inferno ma nello stesso paradiso che può essere l’Havana.
La mela della discordia sarà l’arrivo a Cuba di due manager spagnoli in cerca di gruppi misconosciuti cubani, rappresentanti della musica underground dell’isola caraibica, da produrre ed esportare nel mondo. Ma come spesso accade la politica condizionerà il progetto musicale scuotendo interrogativi importanti e riflessioni se vogliamo anche banali ma su cui non si è mai riflettuto abbastanza.
Habana Blues è un viaggio nella capitale cubana meno turistica e conosciuta ma meravigliosamente fotografata e di sicura suggestione anche per i non fanatici dell’Isola; un viaggio nelle vite dei cubani tra l’amore per la propria terra e l’opposizione ad un potere politico amato ed odiato, che si prende cura di te (?) e castra i sogni ed i desideri delle giovani generazioni, poste davanti all’idea di fuga nella notte su una lancia verso la Florida o su un aereo in cerca di fortuna ma con un prezzo politico da pagare.
Habana Blues seppur non incanti dal punto di vista musicale (siamo lontani dal documentario antropologico Buena Vista Social Club), si caratterizzi da un andamento meccanico e prevedibile nella scansione degli eventi (vedi il concerto finale consolatorio e liberatorio) e soffra una durata francamente eccessiva (quasi due ore) rimane piacevolmente nella mente degli spettatori per la leggerezza di racconto che miscela in maniera assai naturale elementi da commedia con la critica politica e sociale al regime castrista, parentesi musicali con i piccoli drammi di sopravvivenza del generoso popolo cubano, capace di affrontare la vita sicuramente facile con il sorriso sulle labbra e la disperazione di un ottimismo innato a quelle latitudini.
Un film che come dice il regista “parla di Cuba come scusa per affrontare l’intero universo dei sentimenti e delle amicizie, dell’amore, a famiglia, le paure e i desideri di ogni esistenza...”
Un film in cui è facile immedesimarsi ed accogliere con simpatia i personaggi e le loro piccole vicende che appaiono alla fine così simili alle nostre seppur così lontani eppur così vicini.
[fabio melandri]