La guerra di Charlie Wilson
Charlie Wilson's War
Regia
Mike Nichols
Sceneggiatura
Aaron Sorkin
Fotografia
Stephen Goldblatt
Montaggio
John Bloom, Antonia Van Dimmelen
Scenografia
Victor Kempster
Costumi
Albert Wolsky
Musica
James Newton Howard
Interpreti
Tom Hanks, Julia Roberts, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Ned Beatty, Om Puri
Produzione
Playtone Production, Relativity Media, Participant Productions
Anno
2007
Nazione
USA
Genere
commedia
Durata
97'
Distribuzione
Universal Pictures
Uscita
8-08-2008
Giudizio
Media

- Come è andata?
- Erano in tre contro uno. Era come farsi schiaffeggiare dai Fratelli Marx pachistani.

Fare Dallas a Washington. Questa è l'idea che uno sceneggiatore laido e viscido ripete ossessivamente con voce cantilenante a Charlie Wilson, un deputato texano dedito alle donne, alla droga e alla bella vita. Charlie Wilson non si fa mancare niente e pensa che anche ai suoi amici non debba mai mancare niente. Concede favori avendo la consapevolezza lungimirante che prima o poi i favori verranno restituiti. Ma lo fa misurando ogni sua mossa o è sincero, generoso e di animo nobile? Charlie e lo sceneggiatore sono immersi in una vasca con idromassaggio all'ultimo piano del Ceasar's Palace di Las Vegas, in mezzo a spogliarelliste in cerca di una particina o per semplice divertimento.
Dallas è la soap opera di maggior successo e siamo immediatamente calati in un'epoca, anni ottanta reaganiani contraddistinti da uno sfrenato edonismo, dove le questioni di politica estera si risolvevano avendo in testa modelli virili e testosteronici come Rambo e Terminator. L'idea dell'autore con catenina al collo e il cervello annacquato da litri di alcool è di trasferire l'ambientazione a Washington, raccontando intrighi di sesso e potere nel cuore stesso della più grande democrazia del mondo, invece che da qualche parte tra vacche e petrolieri arricchiti. Ma Charlie è attratto da altro. Il suo è lo sguardo distratto e mobile, si muove in un punto imprecisato al di là dello schermo. Vede dove gli altri non vedono. Lo sguardo dei presenti è miope, materiale e si ferma alla prima curva di donna ostentata con provocazione. Ma quello del protagonista sa cogliere oltre, scivola in un territorio indefinito che non è ancora profondo, ma è già vasto e assume le proporzioni di chi sa percepire l'emergenza prima degli altri. Per questo è stato eletto e per la prima volta in vita sua potrà dimostrarlo al mondo intero. Ma il mondo intero lo saprà mai?
Oggetto di tanto interesse è un tizio dai tratti mediorientali che dal deserto lancia una voce potente che resiste al frastuono dei media occidentali e arriva direttamente dall'altra parte dell'oceano. Gli afghani, dice la voce, sono deboli e rischieranno di morire se qualcuno non li aiuterà a cacciare l'invasore russo e comunista. Charlie accoglie la chiamata come se gli venisse direttamente da un'entità divina, una missione che non può ignorare. Prende il primo volo di notte, molla la sgangherata compagnia e si precipita alla Casa Bianca per erogare fin da subito ben sette milioni di dollari da destinarsi alle popolo di Kabul. Ben presto il buon Charlie si rende conto che non bastano, e cosa ancora più grave che non c'è nessuna organizzazione abbastanza capace e strutturata per sfruttare al meglio tutti questi soldi. Gli afghani sono ridotti male e spesso preferiscono comprare armi micidiali piuttosto che asfaltare le strade, guarire i propri malati o costruire ospedali e scuole. La guerra fredda è molto simile alla prima guerra mondiale. Una guerra invisibile con mille fronti sparsi ovunque nel mondo, guerra di trincea, che punta a logorare il nemico ma non troppo. In attesa dell'attacco definitivo che distrugga il nemico e dissolva l'incubo dell'atomica, ognuno fa quello che può. Così si spiega il comportamento di una Cia ignava, troppo spesso colpevole di aver avuto la mano leggera in Nicaragua, in Vietnam e in altre zone dove non era ufficiale la sua presenza. Il tempo corre, i campi profughi al confine con il Pakistan si riempiono di sfollati e di persone disperate e scampate allo sterminio finché qualcuno non pensa che Charlie vada sostenuto e incoraggiato, altrimenti si perderà come tanti prima di lui. La posta in gioco è alta e riguarda la libertà degli uomini dal totalitarismo comunista. In suo soccorso Charlie trova una coppia improbabile, da una parte Joanne Herring, ex reginetta di bellezza, fervente cattolica e cosa che conta ancora di più, ricca, ricchissima ereditiera e dall'altra uno scorbutico agente della Cia, inviso ai piani alti per i suoi metodi bruschi e per niente diplomatici.
Mike Nichols torna alla regia, dopo qualche anno di stasi creativa, con una commedia di ambientazione politica a dir poco strepitosa e dagli alti contenuti morali. A partire da una storia realmente accaduta, di quelle che appartengono al genere "quando la realtà supera la fantasia", Nichols e soprattutto lo sceneggiatore Aaron Sorkin disegnano una rappresentazione delle dinamiche interne tra i vari attori della scena internazionale che fa impressione per l'accuratezza dei dettagli e per i toni leggeri con cui riesce a sdrammatizzare una tensione altrimenti insostenibile. Sorkin era il genio che aveva partorito 'West Wing', una serie televisiva che in Italia era passata quasi inosservata, ma che in America aveva avuto un grande seguito e annoverava tra il cast star di prima grandezza come Rob Lowe e Martin Sheen. West Wing descriveva la vita quotidiana nella Casa Bianca, usando un punto di vista originale, di chi ci lavora tutti i giorni, lo staff del presidente, e la serie tv seguiva il capo di stato dalle primarie fino alle elezioni del secondo mandato, mostrandolo alle prese con enormi dilemmi etici che bene o male coprivano i principali temi della vita pubblica del paese.
Lo schema quindi è lo stesso, Sorkin mette in pratica l'esperienza decennale che ha accumulato sulla Casa Bianca, per dare una sua versione degli anni ottanta, stavolta confrontandosi direttamente con eventi storicamente accaduti. Una scommessa vinta e risolta grazie a un talento puro e immaginifico per la scrittura sostenuta da una regia limpida e da un gruppo di attori che traspirano una tale umanità con cui è impossibile non entrare in empatia fin dai primi fotogrammi. [matteo cafiero]