Green Zone
id.
Regia
Paul  Greengrass
Sceneggiatura
Brian  Helgeland
Fotografia
Barry  Ackroyd
Montaggio
Christopher  Rouse
Scenografia
Dominic  Watkins
Costumi
Sammy  Sheldon
Musica
John  Powell
Interpreti
Matt Damon, Jason Isaacs, Greg Kinnear, Brendan Gleeson, Amy Ryan,
Khalid Abdalla, Michael O'Neill, Yigal Naor, Antoni Corone, Said Faraj
Produzione
Working Title Films, Relativity Media, Studio Canal
Anno
2010
Nazione
USA, UK
Genere
thriller
Durata
114'
Distribuzione
Medusa Film
Uscita
09-04-2010
Giudizio
Media

Coppia che vince non si cambia. Tornano a lavorare assieme il premio Oscar Matt Damon e il regista Paul Greengrass. E sono proprio la credibilità e la fortuna dei film realizzati assieme ("The Bourne Supremacy" (2004) e "The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo"del 2007), a rendere possibile l'ennesimo film di guerra dal titolo "Green Zone".
La pellicola è una cronaca molto movimentata dei giorni che precedettero l'inizio del conflitto in Medio Oriente: siamo nel 2003. Roy Miller (Matt Damon) è a Baghdad, insieme ad un team di ispettori dell'esercito, per cercare e quindi disattivare le armi di distruzione di massa che gli americani sono certi siano stoccate e nascoste nel deserto iracheno. Eppure non c'è traccia di bombe, che l'intelligence stia sbagliando tutto? Queste informazioni classificate provengono da una fonte chiamata Magellano, che ha preso contatti con il Governo americano e le cui indiscrezioni vengono avvalorate da articoli del Wall Street Journal. Tutti elementi che fanno pensare ad un filo conduttore: bisogna sempre verificare le fonti. Perché l'onesto, coraggioso ma nel contempo desideroso di disarmare le armi e salvare vite umane, soldato Miller (un Damon relativamente mono-espressivo) intraprenderà una vera e propria guerra personale contro il Governo. Ad aiutarlo la Cia (“Non siamo sullo stesso fronte?” - domanda Miller prima di dover corrompere un prigioniero a Baghdad. Gli viene risposto di non essere ingenuo), un autoctono spinto dalla consapevolezza di poter cambiare le cose nella sua città e dalla tipica buona fede americana. E torniamo al discorso iniziale: è credibile che un militare riesca ad entrare in una prigione irachena senza rispettare le procedure? Che possa rincorrere indisturbato il capo delle milizie irachene, facendo entrare in azione le forze speciali per salvarlo e tornare al lavoro il giorno dopo, come se niente fosse? Eppure, se è Damon a farlo tutto sembra raggiungibile, persino che un militare da solo riesca a svelare la verità dietro la minaccia delle armi di distruzione di massa. La validità della pellicola risiede nei temi trattati e sul come sono trattati. I media, la politica e le minacce dei terroristi mediorientali ne escono malissimo: diventa sempre più palese il marcio che esiste dietro le scelte geo-politiche americane, nella facilità che ha la stampa di lasciarsi abbindolare senza “verificare le fonti” e nella machiavellica strategia dei militari iracheni di tirare (giustamente?) acqua al proprio mulino. Forse ha ragione il giovane iracheno che funge da tramite tra Miller e il capo dei miliziani, quando parla di amore per la propria patria. Alla sceneggiatura articolata fa da contraltare una regia coinvolgente, ritmata e basata su timbri di colore, che regala più di una volta la sensazione di essere dentro la scena. Ottima la scena dell'inseguimento notturno finale: i respiri e la paura sono palpabili, grazie al perfetto utilizzo della camera a spalla e alle riprese panoramiche. [valentina venturi]