Lost
in the Space. Dopo essere stati investiti da una tempesta di
detriti, gli astronauti Ryan Stone e Matthew Kowalsky sono persi
nello spazio profondo, in debito di ossigeno e carburante. Sullo
sfondo la terra, mai così bella e pacifica all'alba di
un nuovo giorno.
Un giorno che potrebbe essere l'ultimo per i due legati l'uno
all'altro; ma forse uno è di troppo per provare a trovare
una via d'uscita ad una situazione che vede le speranze di salvezza
ridotte al minimo. Le comunicazioni da Houston sono interrotte,
il pericolo di una nuova tempesta di detriti imminente. La preoccupazione,
malamente celata, si trasforma in paura; la paura in panico;
il panico in terrore quando le spie sonore dell'ossigeno iniziano
a cantare un triste motivo di morte.
Tutto
questo e molto di più è Gravity,
l'ansiogena, claustrofobica pellicola del talentuoso regista
messicano Alfonso Cuarón
(Y tu mama tambien,
Harry Potter e il prigioniero
di Azkaban, I
figli degli uomini) che ha inaugurato la recente
Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. In
un 3D assolutamente funzionale, lo spazio non è mai
stato così affascinante ed agghiacciante nello stesso
momento. Dimenticate i balletti spaziali di Kubrick, o le
battaglie spaziali di Star Trek. Siamo più dalle parti
di Apollo 13
(e la voce di Houston interpretata da Ed Harris è un
piccolo legame inconfutabile) dove un fallimento eclatante
potrebbe trasformarsi in un trionfo.
Cuarón
muove magnificamente la sua macchina da presa negli angusti
spazi delle stazioni spaziali, come nell'immenso spazio vuoto,
passando continuamente da oggettive a soggettive dei protagonisti
in modo così naturale che difficilmente ce ne accorgeremmo
se gli effetti sonori (eccellenti) non intervenissero come
le diegetiche spie sonore di cui prima. Questo elimina ogni
barriera tra attori e spettatori, tra spazio filmico e sala
cinematografica, producendo una partecipazione fisica dello
spettatore agli eventi raccontati, difficilmente riscontrabili
in altre pellicole.
Dialoghi
essenziali ed asciutti che solo in brevissime parentesi travalicano;
azione ostacolata da spazi ridotti ai minimi termini, una
protagonista assoluta e quasi in solitaria (Sandra Bullock)
sono i pilastri di una pellicola che trova la sua più
giusta, unica ed imprescindibile collocazione in sala. A casa
l'esperienza di Gravity
non sarà la stessa cosa. Affrettatevi.
[fabio
melandri]