Stanley
Phillips (J. Cusack), sposato e con due figlie, sin da giovane
desidera servire il suo Paese, l’America. Riesce ad
arruolarsi truccando il test sul controllo della vista, non
perfetta. Durante il corso di addestramento nel corpo dei
marines, conosce colei che poi diventa sua moglie, Grace.
Un amore sincero, che ha però capovolto le loro esistenze:
ora Stanley è a casa con le due figlie Heidi (Shélan
O'Keefe), di dodici anni e Dawn (Gracie Bednarczyk), di otto,
a causa dell’evidente difetto fisico. Grace, invece,
è diventata sergente, inviata in Iraq. Il marito si
prende cura delle figlie, lavora in un grande magazzino e
attende il ritorno della militare. Tra una colazione casalinga
e un coro motivazionale, la vita scorre come il nastro della
segreteria telefonica dove è incisa la voce di Grace.
Quando una mattina Stanley apre la porta di casa e davanti
a lui si palesano due militari, tutto diventa evidente. Il
dolore improvviso viene sovrastato dalla consapevolezza di
dover spiegare alle figlie che la loro mamma non c’è
più. Come accettare la realtà? Stanley capisce
di non essere in grado: impossibile parlare a caldo alla razionale
Heidi e all’istintiva Dawn. Propone loro di partire
per la Florida, direzione Enchanted Gardens, un parco dei
divertimenti. Lì forse riuscirà a trovare la
forza di abbracciarle.
Durante il tragitto si fermano prima a casa della nonna, ma
al suo posto trovano il fratello di Stanley John, personaggio
opposto a quello di Cusack; poi in un grande magazzino per
comprare degli abiti per festeggiare la vacanza; prendono
una stanza in due diversi alberghi e dopo essere soddisfatti
per aver fatto tutte le giostre prescelte, sono sulla spiaggia,
luogo deputato all’onestà familiare...
La vera novità della pellicola è l’aver
invertito i ruoli: in Grace is Gone
è il marito che aspetta a casa il ritorno della moglie
militare, è lui che lui che accudisce i figli e filtra
le notizie proposte dai telegiornali. Quella diretta da James
C. Strouse è una sofferenza “on the road”,
di un padre che non sa come dire alle proprie figlie che la
madre non tornerà se non in una bara avvolta dalla
bandiera americana. Cusack dà il meglio di sé,
tra una postura imbolsita e uno sguardo perso nel vuoto; anche
le due figlie reggono bene la dinamica familiare, avendo due
ruoli complementari. Un film delicato, vincitore del premio
del pubblico e della migliore sceneggiatura al Sundance Film
Festival, che però non riesce a toccare nel profondo,
rimanendo sospeso tra battute poco incisive, riprese troppo
fisse e innumerevoli silenzi.
[valentina venturi]