Otto
ha impiegato Abel Ferrara ha realizzare Go
Go Tales, storie che si intersecano, si compiono e
rimangono sospese all’interno del Ray Ruby’s Paradise,
locale di spogliarelliste con uno spiccato senso degli affari,
manco fossero i procuratori di calciatori nazional-popolari,
diretto con una certa allegria da Ray Ruby (Willem Dafoe),
coperto di debiti fino al collo, ed attaccato all’ultima
speranza chiamata Lotto. Il fato vuole, o meglio la sceneggiatura
dello stesso Ferrara - costretto a scriversi i film da solo
dopo che il suo fido sceneggiatore Nicholas St. John non ha
più interesse a lavorare nel cinema e la morte di Zoe
Lund, autrice de Il cattivo tenente,
sul cui prossimo remake ad opera di Herzog con Nicholas Cage
protagonista, così si è espresso Ferrara: “Mi
hanno fatto giurare di tenere la bocca chiusa, ma se non riesci
a tirare fuori idee originali per fare il tuo film, lascia
stare il mio. Non hanno le palle per avvicinarsi al mio.”
– che Ray effettivamente vinca al lotto una cifra cospicua,
con l’unico svantaggio che il suo contabile non riesce
a ritrovare il biglietto vincente.
Parallelamente, il palcoscenico del Paradise si popola di
curiosi personaggi, come il fratello ricco ma poco talentuoso
che si esibisce con un cagnolino ed una pianola per bambini,
una ballerina di lap dance che bacia in bocca il suo rottweiler
– un’Asia Argento che avrebbe rinnegato il film
per quella scena rea di averle fatto perdere numerosi contratti
e su cui Ferrara non ci è andato particolarmente leggero:
“Anche io avrei dovuto dirigere i Predatori dell’Arca
Perduta… non fatemi dire altro” -, ballerine rimaste
in cinta, buttafuori con pretese attoriali e via discorrendo.
Le storie si intrecciano senza una logica, come fili di una
tela impazzita nelle mani di un Willem Dafoe bravo, ma poco
assecondato dal resto del cast nonostante nomi altisonanti
e belle facce come Bob Hoskins, Matthew Modine, Burt Young.
Produzione italo-americana che paga il suo tributo con la
presenza di Stefania Rocca (aggressiva al punto giusto), Asia
Argento (la solita Asia), Justine Mattera (direttamente dalla
televisione dove si è fatta notare come clone di Marilyn
Monroe ed ex-moglie di Paolo Limiti) ed in ultimo Riccardo
Scamarcio, con una performance che lascia privi di ogni commento.
Un girotondo impazzito di storie e personaggi dominato dalla
ricerca dei soldi per portare avanti il locale, ossessione
che in parte è quella di un regista indipendente per
poter girare i suoi film. “Mio padre era un allibratore
– continua Ferrara – Ma mi ha insegnato che devi
scommettere solo su te stesso. In America si viene pagati
ogni venerdì. Ma non per questo lavoro. Anche Ruby
non fa altro che scommettere su se stesso.”
Incostante, imperfetto come il suo autore, Go
Go Tales manca di un rigore formale capace di tenere
in piedi storie e personaggi che, seguendo anche l’indole
del regista verso l’improvvisazione, sembrano essere
troppo lasciati a se stessi, abbandonati e senza un biglietto
della lotteria a risollevarne le sorti. [fabio
melandri]