Emma (Isabella
Ferrari) e Antonio (Valerio Mastandrea) sono separati da poco
più di un anno, per l’incontenibile gelosia del
marito, che si esprimeva in violenza psicologica e a volte
persino fisica. Ora lei vive nella casa della madre (Stefania
Sandrelli) assieme ai due figli, Valentina (Nicole Murgia)
e Kevin (Gabriele Paolino); mentre Antonio, autista dell'onorevole
Elio Fioravanti (Valerio Binasco), non riesce a darsi pace.
La segue, staziona sotto casa della suocera in attesa che
Emma si affacci per fumare una sigaretta, chiama il call center
dove lavora la donna, in attesa che sia proprio lei a rispondere
e si fa trovare lì fuori, pronto a darle un passaggio.
L’amore tra i due è finito, almeno per lei, esasperata
dal possessivo desiderio di controllo e soggiogamento. Ma
la vita, stando al romanzo omonimo di Melania Mazzucco da
cui è tratta la vicenda, sceneggiata da Ozpetek stesso
e da Sandro Petraglia, in un solo giorno può stravolgersi,
prendere un diverso percorso, o lasciare che tutto finisca
nel peggiore dei modi.
L’autore del tuttora inspiegabile Cuore
sacro (2005), continua ad indagare nei sentimenti umani,
ma questa volta scavando nel dramma della gelosia. Niente
omosessuali – Il bagno turco
(1997); Le fate ignoranti (2001);
Saturno contro (2007) –
o ricostruzioni storiche – La
finestra di fronte (2003) -. Per il regista turco è
giunto il momento di approfondire le dinamiche tra uomo e
donna. Ne viene fuori un quadro desolante, dove la morte è
l’unica via d’uscita. Oppure dove delle giovani
donne (Nicole Grimaudo) si fanno sposare dal deputato di turno
e rifiutano l’amore del coetaneo figliastro (Federico
Costantini); delle insegnanti attempate (Monica Guerritore)
attendono senza esito l’arrivo dell’amante e si
accodano alla vita della madre di un’alunna senza un
perché e un politico non può che seguire il
clichè, trascurando la famiglia. Per finire con un’operatrice
della croce rossa (Angela Finocchiaro), personaggio ideato
da Ozpetek, che cammina senza un comprensibile motivo per
le strade di Roma. L’unica speranza proviene dalle nozze
segrete tra due bambini, con un unico testimone: un pesce
rosso chiuso in una sfera di plastica…
Isabella Ferrari ha raccontato di aver desiderato con tutta
se stessa questo ruolo di donna matura, distrutta dalla vita,
che riesce comunque a dire all’ossessivo marito: “Lo
sai cosa mi hai fatto? Mi hai fatto tornare voglia di vivere.
Io vivo senza di te”. Ma a parte un intenso momento
di dolore e pietà (quando, dopo un tentativo di stupro,
Antonio ed Emma si separano), dove la mancanza di musica aiuta
a dare il vero senso della recitazione, senza amplificarla
esageratamente, la Ferrari manca di credibilità. Funziona
di più il suo abbigliamento che la sua recitazione.
Valerio Mastandrea si impegna, cerca di esternare la cieca
pazzia, ma forse è ancora presto per il protagonista
dell’invece calzate Non pensarci
(2007), per un ruolo così impegnativo e adulto. Il
resto del cast ha un ruolo comprimario.
La violenza domestica può avere un’altra portata
emotiva e narrativa. Basti vedere il film dello spagnolo Iciar
Bollain Ti do i miei occhi, realizzato
nel 2003. Anche qui si parla di ossessione, di violenza e
di possesso, ma con ben altri risultati. Forse il vero difetto,
proprio dello stile registico di Ozpetek, che si ripercuote
su attori, sceneggiatura e musica, è la necessità
di rendere patinato un mondo che patinato non è. [valentina
venturi]