Un gioco da ragazze
id.
Regia
Matteo Rovere
Sceneggiatura
Teresa Ciabatti, Andrea Cotti, Sandrone Dazieri, Matteo Rovere
Fotografia
Arnaldo Catinari
Montaggio
Claudio Di Mauro
Scenografia
Eugenia F. Di Napoli
Costumi
Monica Celeste
Musica
Andrea Farri
Interpreti
Chiara Chiti, Nadir Caselli, Desireé Noferini, Filippo Nigro, Stefano Santospago, Valeria Milillo, Cecilia Carponi, Giorgio Corcos, Franco Olivero, Elisabetta Piccolomini, Chiara Martegiani
Produzione
Rai Cinema, Colorado Film
Anno
2008
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Durata
95'
Distribuzione
01 Distribution
Uscita
07-11-2008
Giudizio
Media
| trailer |

Elena (Chiara Chiti), Michela (Desirèe Noferini), Alice (Nadir Caselli), diciassette anni: belle, ricche e senza problemi.
Nate e cresciute in seno all’alta borghesia di una ricca città di provincia italiana, sono le figlie delle tre famiglie maggiormente in vista.
Estremamente fashion addicted, fissate con la dieta e con l’aspetto fisico, spendono le loro giornate tra shopping di lusso, ragazzi, feste in locali esclusivi e scuola.
Ma tutto per loro è già vecchio e noioso: genitori, istituzioni, amici, nulla sembra avere un reale significato, e vivono ogni cosa in modo superficiale, senza pensare alle possibili conseguenze dei loro comportamenti. Abituate a ottenere tutto e subito, si spingono a chiedere sempre di più. Elena incarna la leader del gruppo: magnetica, intelligente, sicura. Per lei l’amicizia rappresenta unicamente uno strumento di potere con cui esercitare controllo sulle altre. Ma un giorno Mario Landi (Filippo Nigro), il nuovo professore, entra nella vita della ragazza, cercando di cambiare qualcosa, e inconsapevolmente ne diventa un gioco…
“Con Un Gioco da Ragazze ho cercato di realizzare una pellicola sul lato più oscuro dell’adolescenza contemporanea. È una generazione che mi sembra sfuggire al controllo: bombardati da impulsi di ogni tipo, dall’anarchia di Internet e da un vuoto emotivo spesso assoluto, i diciassettenni di oggi vivono in uno stato di anestesia emotiva, ribellandosi forse inconsciamente ad adulti che hanno dato loro tanta libertà e poco affetto. Ho tentato di mantenere un registro privo di filtri, cercando per quanto possibile di non commentare e non giudicare gli eventi che racconto.
La m.d.p. si nasconde, sparisce accanto alle protagoniste come uno spettatore che silenziosamente assiste e partecipa alla storia: in questo modo vorrei aiutare chi guarda a liberarsi di ogni difesa, entrando direttamente nella vicenda raccontata, senza pensare al media cinematografico che separa gli spettatori dal film.
Ascoltando i fatti di cronaca recente sono rimasto sorpreso da come oggi gli adolescenti siano in grado di sviluppare intelligenze fredde, estremamente lucide ed efficaci sul piano razionale, ma quasi sempre prive di un contraltare emotivo. È come se l’intelligenza dei ragazzi crescesse più di quella degli adulti, senza però lasciare il dovuto spazio all’educazione emozionale. Il risultato sono fatti di cronaca nei quali i giovani protagonisti stupiscono soprattutto per il distacco con cui riescono a gestire la violenza, facendoci supporre e sospettare che questa violenza faccia parte del loro mondo in modo molto più radicato di quello che crediamo.” Così Matteo Rovere commenta il suo debutto al lungometraggio con Un gioco da ragazze, presentato alla terza edizione del festival internazionale del film di Roma, tra non poche polemiche e problemi di censura per i temi scottanti trattati.
Tre allegre ragazze morte…dentro, che tra alcool, droghe, sesso nei bagni di locali ed episodi di bullismo dipingono a fosche tinte il ritratto di una gioventù bruciata.
Intento apprezzabile se non fosse per una struttura narrativa che prevede come figura salvifica quella del solito professore pieno di ideali, un po’ psicologo un po’ capro espiatorio e vittima sacrificale su un altare sin troppo presto e prevedibilmente apparecchiato. Se ben delineate sono le figure delle quattro ragazze protagoniste – brave ed in parte le giovani interpreti – è proprio il contr’altare adulto a fare acqua in più punti, mostrandosi l’anello debole del delicatissimo ingranaggio.
Le polemiche relative alla censura, ci sembrano pretestuose e dimostrano ancora una volta l’inutilità della commissione per il visto censura dominata da bigottismo e un superficialismo pedagogico.
Il film racconta, bene o male, una realtà facilmente riscontrabile da chi non tende a tenere gli occhi chiusi ed il messaggio, nonostante un finale salvifico per le tre cattive ragazze, non è affatto soggetto a controversie alcune. La condanna è evidente, che poi nel film non venga punito è coerente con quanto avviene nella realtà. Dal punto di vista cinematografico invece, il prodotto risulta alla lunga debole nei dialoghi ed in certe situazioni troppo prevedibili, mentre una recitazione di maniera non permette alla pellicola uno scarto qualitativo da tanta fiction televisiva imperante nel piccolo schermo. [fabio melandri]