Gentlemen Broncos
id.
Regia
Jared Hess
Sceneggiatura
Jared Hess, Jerusha Hess
Fotografia
Munn Powell
Montaggio
Yuka Ruell
Scenografia
Richard A. Wright, Les Boothe
Costumi
April Napier
Musica
David Wingo
Interpreti
Michael Angarano, Jennifer Coolidge, Jemaine Clement, Héctor Jiménez,
Halley Feiffer, Josh Pais, Clive Revill, Edgar Oliver, Sam Rockwell
Produzione
Rip Cord Productions
Anno
2009
Nazione
USA
Genere
commedia
Durata
90'
Distribuzione
20th Century Fox
Uscita
04-06-2010
Giudizio
Media

L'avanguardia imita l'arte dell'imitare, il kitsch imita l'effetto dell'imitazione. (C. Greenberg)

Il vero Camp ha sempre un fondamento serio: non si può fare Camp su qualcosa che non si prende sul serio. (C. Isherwood)

Tra Wes Anderson e Cipri e Maresco, meglio di Wes Anderson e Cipri e Maresco, Gentlemen Broncos è un film che parla del brutto e fa del brutto il proprio linguaggio.
Il protagonista è Benjamin, un giovane aspirante scrittore che partecipa al workshop del suo idolo, lo scrittore di fantascienza Chevalier. Nel corso del workshop conoscerà due improbabili produttori cinematografici che si offriranno di produrre un film tratto dal suo romanzo, “I signori del lievito”.
Benjamin non sa però che Chevalier, cui ha consegnato il manoscritto del romanzo, è da tempo in crisi creativa e ha intenzione di pubblicare I signori del lievito spacciandolo per una propria creazione.
Gentlemen Broncos mette quindi in scena quattro mondi uno più brutto dell'altro. La realtà in cui vive il protagonista, il romanzo scritto da lui, la versione plagiata dello stesso e infine il film che ne viene tratto. Non c'è salvezza in questa spirale di Kitsch, dove l'arte è irrimediabilmente orrenda e grottesca perchè irrimediabilmente orrendo e grottesco è il mondo che la genera.
Il regista-sceneggiatore è disilluso e spietato. Non salva nessuno dei propri personaggi, e se lascia intravedere un barlume di speranza nel finale quello stesso barlume lo colora con un ambiguo senso di rassegnazione all'orrido e forse con un vago sentore di sentimentalismo.
Divertentissimo e straniante per le sue situazioni paradossali e i suoi caratteri assolutamente perfetti, per come riesce a sabotare ogni cliché decontestualizzandolo – come del tutto decontestualizzata è l'epoca in cui si muovono i personaggi - e comunque usandolo nel momento (quasi) sbagliato.
Non una pellicola Kitsch ma una pellicola sul Kitsch che adopera il Kitsch come uno strumento. Forse è una denuncia della deriva pop del cinema americano, forse, invece, è la celebrazione di quella stessa deriva. Chi scrive ama troppo Tarantino per farsi la giusta opinione in merito.
[davide luppi]