Jaume
Balagueró, aveva nel passato dato dimostrazione del suo
mediocre talento nei due horror Nameless
a Darkness, cercando di rivitalizzare
la via spagnola all’horror con opere capaci di costruire
atmosfere inquietanti ma demolite da sceneggiature incapaci
di mantenere coerenza ed interesse nel loro sviluppo e da interpreti
da far venire i brividi – e non è un complimento!
A Venezia, ha presentato la sua ultima fatica, un’opera
dal respiro internazionale il cui tentativo dichiarato è
sfondare sul mercato anglosassone. Per questo, Balagueró
ambienta la sua storia di fantasmi e spiriti inquieti in Inghilterra
all’interno di un suggestivo ospedale pediatrico in via
di abbandono, scenario nel passato di inquietanti incidenti
ai suoi piccoli degenti. Da sempre i bambini, protagonisti anche
delle precedenti pellicole del regista spagnolo, rappresentano
con il loro sguardo innocente il tramite preferenziale, il medium
tra il mondo dei morti e quello dei vivi. Il problema vero sono
gli adulti ,condannati a soccombere sino a quando un loro ‘illuminato’
non prende in mano la situazione. In questo caso la star televisiva
Calista Flockhart, le cui atmosfere dark non le si addicono,
al contrario di quelle surreali e grottesche della sit-com Ally
McBeal.
Il titolo, fa riferimento alla fragilità delle ossa che
una infermiera provocava nei suoi giovani pazienti pur di trattenerli
in ospedale accanto a se; fragile è il confine tra mondo
dei vivi e quello dei morti, tematica che è stata analizzata,
sviscerata, sfruttata sino a raschiarne il fondo di cui questo
film non aggiunge nulla all’argomento, anzi sfrutta poco
e male la letteratura del passato. Fragile è la sceneggiatura
i cui snodi narrativi sono tanto scontati quanto meccanici,
i dialoghi buttati via come un qualcosa di superfluo e i momenti
di maggior tensione (?) esaltati da un sonoro frastornante.
Facile spaventare quando nel silenzio più assoluto le
sottolineature di violini e violoncelli ti vengono sparate nei
timpani a volumi pazzeschi a discapito di una tensione che non
esiste, di psicologie archetipe, di un’ambientazione sicuramente
affascinante ma declinata per nessuna delle sue potenzialità.
Fragile... anzi fragilissimo.
[fabio melandri]
|
|