Alessandro
(Lorenzo Vavassori) ha solo sette, ma la sua vita nasconde
degli incubi psicologici che non riesce a spiegare. Il piccolo
spesso e volentieri viene “avvolto” da immagini
acquatiche, da vere ondate che travolgono ogni cosa. Alessandro
vive con la mamma Giulia (Paola Cortellesi, affatto nella
parte), vedova da qualche anno dopo che il padre di Alessandro
è morto accidentalmente cadendo in acqua. All'improvviso
nella loro vita appare lo zio Claudio (un Claudio Amendola
senza verve. Si potrebbe dire che ormai lo stile da fiction
televisiva gli appartiene al punto da non essere in grado
di esprimere emozioni più vere), una personalità
sfuggente e dura. L’uomo conquista il cuore di Giulia
e cerca di convincerla a vendere la villetta dove Ale vive
con la madre. La rabbia del bambino verso l'uomo è
grande e complessa: decide di farlo morire e prima manomette
i freni della moto. Non avendo raggiunto il suo scopo, lo
farà anche con queli dell’auto. Sul mezzo, però,
salirà anche la madre. Nella vita della famiglia si
inserisce il poliziotto (Stefano Dionisi, bello ma senza anima)
che cercherà di fare luce sull’incidente e di
schiarire la memoria di Alessandro, la cui mente ha nascosto
da tempo la verità.
Quello
di Farina è un film che sta nel mezzo: mezzo thriller,
mezzo dramma psicologico, mezza commedia, mezzo film paranormale.
E come sempre accade, quando si sta nel mezzo e non si sceglie
una via definitiva, non si ottiene un risultato completo,
ma solo un ibrido. Non è un thriller, basti dare un
minimo di attenzione ai dialoghi ridicoli; non è un
dramma perché dopo qualche istante che si osserva il
volto inespressivo di Amendola si comprende chi è il
colpevole; non è una commedia, nonostante le due scene
con i bambini facciano ben sperare; non è una pellicola
paranormale perché ormai le tecniche sono talmente
avanzate che l’onda che sommerge tutto fa pensare ad
un “Blob” anni Cinquanta, il regista ha dichiarato
in conferenza stampa di aver voluto indagare la mente dei
più piccoli, dimostrando quanto sia complessa e articolata.
Forse bastava allora un trattato di psicologia natale, più
che un film.
[valentina venturi]