Una
serie di cinegiornali del ventennio, miracolosamente sottratti
alla censura dell’imperante storiografia marxista, riportano
in luce una vicenda straordinaria che rende onore e lustro
all’era mussoliniana e all’Italia tutta. La conquista
e la successiva colonizzazione del pianeta Marte per mano
di un’indomita squadra fascista nell’anno 1939.
Nel 2002 all’interno del programma satirico “Il
caso Scafroglia” Corrado Guzzanti e i suoi presentavano
uno sketch comico che incontrò presto un larghissimo
consenso. Il manipolo di soldati fascisti cercavano, decisamente
con insuccesso, di colonizzare il pianeta inesplorato destreggiandosi
tra l’ignoto paesaggio e la costante paura del nemico
in agguato.
Oggi quelle gag si trasformano in un lungometraggio e approdano
sul grande schermo.
Il film conserva l’impianto televisivo, mantenendo la
forma narrativa del cinegiornale e il linguaggio stentoreo
di regime. A differenza degli sketch, ovviamente, la storia
è conclusa, lo spettatore assiste all’intera
vicenda parabolica, dall’atterraggio su Marte alla conclusione
dell’avventura fascista. La scenografia è scarna,
quasi inesistente, nel rappresentare il pianeta rosso come
una distesa desertica ricorda molto le immagini di Il
viaggio nella Luna (1902) di Georges Méliès,
ponendosi così a metà strada tra un film fantascientifico
e un documentario storico degli anni Trenta. La storia e l’intero
film sono rette soprattutto dalla magnifica mimica di Guzzanti,
dalle battute esilaranti e dalla immancabile satira politica
ricca di rimandi all’Italia del ventennio e a quella
attuale, fino alle storture della politica guerrafondaia internazionale.
Purtroppo, come spesso succede nel cinema, ciò che
nasce corto e difficile che ritrovi linfa e energia se si
trasforma in lungo senza alcun aggiustamento. Gli spezzoni
televisivi funzionavano proprio perché brevi, avevano
la funzione di conferire un ritmo che dipendeva dalla varietà
del contenuto dell’intero programma, risultavano comici
anche in virtù della loro leggerezza e durata. Il film,
invece, già dopo la prima mezz’ora risulta piuttosto
noioso e ridondante, il lungo indugio su tema e personaggi
di una satira uguale a sé stessa scema la brillantezza
e l’originalità della messa in scena. La decisione
di portare Fascisti su Marte sul
grande schermo ha spinto verso la scelta del lungometraggio
probabilmente per la difficile distribuzione che il corto
ha nel nostro Paese, ma decisamente le gag di Guzzanti non
si adattavano a essere accorpate in un’ora di programmazione.
[federica scarnati]