Il Fantasma dell'Opera
The Phantom of the Opera
Regia
Joel Schumacher
Sceneggiatura
Andrew Lloyd Webber,
Joel Schumacher
Fotografia
John Mathieson
Montaggio
Terry Rawlings
Musica
Andrew Lloyd Webber
Interpreti
Patrick Wilson, Gerard Butler, Emmy Rossum, Miranda Richardson
Anno
2004
Durata
143'
Nazione
USA
Genere
musicale
Distribuzione
01 Distribution

80 milioni di spettatori, 65.000 repliche in 18 paesi del mondo, 3 miliardi e 200 milioni di incassi, vincitore tra gli altri di 3 Olivier Award, 7 Tony Award, 7 Drama Desk Award, 3 Outer Critic’s Circe Award, 40 milioni di copie vendute della colonna sonora.
Da questi numeri parte il lungo viaggio della prima versione cinematografica del musical scritto da Sir Andrew Lloyd Webber, ispirato al romanzo di Leroux pubblicato nel 1911 che narra dell’impossibile storia d’amore e di passione tra Christine, cantante dell’Opera di Parigi ed il suo Angelo della Musica, ovvero lo sfigurato Fantasma che abita i meandri più profondi dello stesso.
Un viaggio inaugurato nel 2002, dopo diversi rinvii, ed approdato oggi nelle sale cinematografiche di tutto il mondo grazie ad una co-produzione indipendente (in Italia dal 17 dicembre, distribuito dalla 01 Distribution).
Joel Schumacher, regista dal discontinuo talento, capace di alternarsi tra dimenticabili block-buster come Batman & Robin, 8mm – Delitto a luci rosse, Il cliente, ed opere più intimistiche dallo spirito indipendente St. Elmo’s Fire, Ragazzi perduti, Tigerland, mette in scena un Fantasma dell’Opera che rimane assai fedele alla versione teatrale, sceneggiato dallo stesso regista insieme a Lloyd Webber, peccando però di superbia in alcuni momenti e di timidezza in altri. La scelta di affidarsi ad un cast di giovani ed inesperte “promesse”, per esaltare il lato sensuale della vicenda, finisce per rappresentare la pecca più evidente del film. I tre attori protagonisti, Gerald Butler (Il Fantasma), Emmy Rossum (Christine), Patrick Wilson (Raoul) mancano di un minimo magnetismo interpretativo, sono espressivamente freddi, pallidi interpreti, ombre inconsistenti all’interno di una storia che invece dovrebbe trasmettere fuoco, impeto, passione, orrore, sangue, vita da ogni dove.
Lo stesso apparato iconografico del film, pare un copia scolorita di Mouline Rouge, con idee scenografiche, costumi e trovate registiche “rubate” al capolavoro di Baz Lurhmann.
Le uniche emozioni che il film suscita provengono dalla potenza, dalla maestosità delle musiche composte 18 anni fa da Lloyd Webber e sparate altissime nelle orecchie dello spettatore. Le melodie di archi e violini, le partiture da organo, i rimandi continui a sonorità operistiche ottocentesche, avrebbero richiesto una messinscena più potente, meno approssimativa. Manca un qualsiasi spunto inventivo, con duetti musicalmente incredibili accompagnati da campi e controcampi anonimi, noiosi, incerti a tratti imbarazzanti.
Purtroppo un’opera del genere, più vicino all’opera lirica che non al musical contemporaneo, avrebbe richiesto un regista di maggior talento visivo e orecchio musicale. Viene da pensare a che occasione sprecata non aver affidato tale materia a registi quali lo stesso Lurhmann, o ad uno tra Tim Burton, Alfonso Cuaron (capace di rivitalizzare una serie noiosa ed infantile quale Harry Potter) o addirittura a Franco Zeffirelli, che l’opera lirica la frequenta dentro e fuori lo schermo cinematografico con ottimi risultati (vedi la messinscena de Il Trovatore di Giuseppe Verdi).
Sta di fatto che l’elemento che a priori suscitava maggior perplessità (la traduzione in italiano di musiche immortali), alla fine risulta essere uno dei pochi fiori all’occhiello di questo Fantasma dell’Opera targato 2004. Passati i primi minuti di trauma e disorientamento (soprattutto per chi conosce l’opera originale in inglese), si iniziano ad apprezzare la bontà delle voci italiane scelte dallo stesso Webber, ovvero Luca Velletri (Il Fantasma), Renata Fusco (Christine) e Pietro Pignatelli (Raoul) dotati di voci potenti, di una buona estensione e di un calore interpretativo al servizio di canzoni tradotte da Masolino D’Amico. [fabio melandri]