La musa e l’artista. Gli anni sessanta a New York, la
Manhattan dei loft, della pop art, dei fermenti creativi,
dove ad ogni angolo di strada respiravi genio e sregolatezza.
In questo mondo fuori dal mondo, tra finzione e realtà,
piomba Edie Siedgwick, erede di una delle più grandi
famiglie aristocratiche americane. Edie è ribelle,
anticonformista, sempre in fuga dagli altri e da se stessa,
proiettata verso l’olimpo delle celebrità ma
incapace a costruirsi una vita secondo le regole che la società
le impone. Edie è bionda, un sorriso angelico e due
gambe che fanno girare la testa agli uomini. Si iscrive a
dei corsi di arte, ma lo studio, l’abnegazione e la
disciplina non fanno per lei. Si trasferisce nella costa est,
e l’avanguardia newyorchese sembra essere nata apposta
per lei, per questa esuberante icona dall’anima fragile
e dagli occhi tristi. Edie è incantevole e conquista
il grande genio, che vede in lei finalmente l’incarnazione
di tutto ciò che ha sempre desiderato. Non c’è
bisogno di dipingere un quadro o di girare un film. Edi si
offre per quello che è, una contraddizione continua,
una benedizione piovuta dal cielo iridescente dell’arte,
bisogna approfittarne e metterla in una cornice o dentro l’obiettivo
della macchina da presa.
Edie e Andy, una coppia unica e favolosa. Sono bellissimi
insieme, entrambi dettano la moda e lo stile tra la Fifth
Avenue e il Greenwich Villane. Andie ha mollato la pittura
per Edie. La realtà è molto più eccitante,
molto più sfolgorante e molto più sorprendente.
Così almeno dichiara alla stampa, ai fotografi, ai
galleristi, e per un momento il suo sguardo si illumina, chissà,
magari ci crede pure lui. Per poco meno di cento dollari,
Warhol installa il quartier generale in una fabbrica abbandonata
e con l’aiuto di una serie di collaboratori dà
vita a film, documentari, video che rivoluzioneranno la rappresentazione
cinematografica così come era stata tradizionalmente
intesa fino a quel momento. Niente più Hollywood, trucchi
e artifici. Ma un paio di ragazzi e una macchina da presa.
Con un materiale così scarno, escono fuori autentici
capolavori, da Lonesome Cowboys a Vinyl fino a Little Poor
Rich girl. Se si improvvisa perché non improvvisare
anche la vita? E se l'America guarda a tutto questo entusiasmo
con un certo sospetto, in Europa e soprattutto in Francia
la coppia Warhol Siedgwick riempie i cinema finisce sulle
prime pagine dei giornali. Finché un bel giorno non
bussa alla porta il tuo passato. Un amico di infanzia trascina
letteralmente una Edie schiava dell'alcol, della moda e della
droga da qualcuno che vuole conoscerla, qualcuno di veramente
importante, che potrebbe finalmente salvarla, l'ennesimo che
vuole amarla e fare di lei la sua musa. Ma Edie è una
girandola, un fuscello sospinto nel torrente delle celebrità
che ti inghiotte e sparge i tuoi pezzi in pasto al pubblico.
Con un'idea di regia semplice ma efficace Edie si ritrova
tra le braccia di una non meglio precisata rockstar che ha
le movenze e il carisma di un giovanissimo Bob Dylan. Edie
è catapultata da una dimensione all'altra dello spettro
artistico di New York e non fa nulla per tirarsene fuori.
Si diverte troppo. Oggetto di ispirazione prima del grande
artista e poi della rockstar ne subisce prima le gelosie e
poi i velenosi rancori che la porteranno alla distruzione
totale.
Hickenlooper, talentuoso documentarista si cimenta in questa
biografia con molta umiltà e rispetto per una vita
spezzata che si è consumata con la velocità
di una meteora. Soffermandosi a ragione molto sui suoi rapporti
familiari (le scene con il padre sono emotivamente i momenti
più alti del film) non concede poco o nulla al lato
glamour della vicenda. Mescola con sapienza di montaggio,
immagini di repertorio, in bianco e nero, sgranate e in super
8 senza per questo disturbare la visione, ma rendendola più
aderente all'atmosfera dell'epoca. In una biografia di questo
tipo l'impresa più ardua è individuare i punti
di svolta, trasformare la fluidità dell'esistenza in
eventi drammaturgici con il rischio di intervenire pesantemente
con tagli e aggiunte. Hickenlooper e gli sceneggiatori fanno
ruotare l'arco narrativo della protagonista intorno ai suoi
rapporti con Warhol prima e con Bob Dylan poi. Riescono addirittura
a innestare la storia della loro relazione sulle fasi artistiche
di Warhol. Ogni volta che qualcosa va storto tra loro, Warhol
cambia radicalmente il mezzo artistico, quasi fosse un castigo
per Edie. Molla la pittura per il cinema, poi il cinema per
la musica con l'invenzione dei Velvet Underground, per poi
tornare al video, addirittura dando vita a una serigrafia
di Edie in versione pin up.
Il compito dell'adattamento è pulito e perfetto, ma
manca qualcosa. Diremmo che manca l'anima, se non fossimo
davanti a un film così ostentatamente laico e pessimista.
Mentre Guy Pearce dopo il cult movie Memento
non ha più indovinato una parte, e anche nel ruolo
di Warhol ne riproduce i tic senza riprodurne la profondità
creativa, Sienna Miller ci consegna una Edie a dir poco impressionante,
capace di passare da un'espressione all'altra con la mobilità
di un bambino che sa contemporaneamente stupirsi, indignarsi
e disperarsi. Nelle parti secondarie si segnalano volti un
tempo noti che cercano un'occasione per rilanciarsi, da Jimmy
Fallon che calcava le scene del Saturday Night live in monologhi
incredibilmente spassosi e che qui interpreta l'amico di Edie,
fino a Mena Suvari, ingrassata e sempre più cinica
dai tempi di American Beauty.
[matteo cafiero]