Ogni cosa è illuminata
Everything Is Illuminated
Regia
Liev Schreiber
Sceneggiatura
Liev Schreiber
Fotografia
Matthew Libtique
Montaggio
Craig McKay, Andrei Marcus
Costumi
Michael Clancy
Interpreti
Elijah Wood, Eugene Hutz, Boris Leskin, Laryssa Lauret
Anno
2004
Durata
102'
Nazione
USA
Genere
drammatico
Distribuzione
Warner Bros
Liev Schreiber è un attore dalla carriera defilata. Interpreta in genere ruoli minori, ha un volto squadrato ma rimane poco impresso nella mente dello spettatore. Di recente è stato il senatore telecomandato da una diabolica Streep in The Manchurian Candidate di Jonathan Demme, presentato peraltro fuori concorso al Festival di Venezia nel 2004, primo e unico film che gli ha regalato un po’ di notorietà.
Per il suo esordio da regista sceglie di adattare per il grande schermo l’omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, storia di un giovane americano alla ricerca della donna che salvò suo nonno dall’Olocausto in una cittadina dell’Ucraina cancellata dalle cartine geografiche in seguito all’invasione nazista.
Concepito come un road movie diviso in capitoli (a partire dall’inizio della ricerca fino alla completa “illuminazione”), Everything Is Illuminated è un film sulla memoria. Il protagonista è un collezionista di ricordi. Tappezza le pareti di casa con oggetti appartenuti ad altre persone in modo da avere di ognuno qualcosa che gli permetta di ricordarsene anche dopo la loro morte. Allo stesso modo la donna che salvò la vita a suo nonno in Ucraina ha collezionato in una montagna di scatole i ricordi di tutti i concittadini ebrei morti durante il Nazismo. Con una valenza impari e diversa sono come dei libri aperti su un mondo che non c’è più e che necessita di essere ricordato per poter vivere ancora. In realtà niente di nuovo ma, nonostante un’invasiva e rutilante musica alla Bregovich e una pesante assonanza con certo cinema balcanico (Kusturica in primis), il film riesce a toccare le corde giuste per coinvolgere e commuovere chiunque. Un’operazione facile facile che si spera sia dettata più da un’ingenua spontaneità che da una calcolata furbizia.
[marco catola]