Turingia,
Germania. Inizi del ‘900. Un lussuoso collegio ospita
giovani fanciulle dedite alla danza, alla musica e al bon ton
sotto la guida di istitutrici rigide e severe. Le regole per
diventare una etoile sono molto dure, tanto lavoro, tanto sacrificio,
tanta disciplina. E’ severamente vietato ogni contatto
con l’esterno. Ma cosa si cela dietro la vita apparentemente
regolare di questo corpo di ballo?
Basato su una sceneggiatura, l'ultima, che Alberto Lattuada
aveva scritto a quattro mani insieme a Ottavio Jemma e tratto
dal libro dell'autore tedesco Frank Wedekind "Mine-Haha
or Physical Education of Young Girls" (1975, pubblicato
in Italia da Adelphi con il titolo "Mine-Haha ovvero Dell'educazione
fisica delle fanciulle") che già ispirò Suspiria
di Dario Argento, L’educazione fisica
delle ragazze è un ibrido a metà tra la
favola nera con brusche sterzate al genere horror e il dramma
sociale in costume.
Ricorda per certi versi Magdalene
senza possederne la cruda forza destabilizzante e per altri
Picnic ad Hanging Rock senza rendere
quell’amaro senso di impotenza e straniamento di fronte
alle forze della natura. Qui la negatività è essenzialmente
umana (la direttrice, le istitutrici, i medici, il principe)
e non c’è niente di riferibile alle forze della
natura come nel capolavoro di Weir. La verità implica
la morte. Chi ne viene a conoscenza non può sopravvivere.
Tutto deve essere occultato. Nessuno deve sapere. Ne va del
destino della scuola. Le dure regole del collegio servono per
creare un etoile, perfetta non per il palcoscenico ma per la
camera da letto del principe. Una sorta di iniziazione alla
vita della donna, comunque serva dell’uomo in tutto e
per tutto. In questo forse emerge l’ambizione di una protesta
sociale. Una metafora della figura della donna che nonostante
tutte le rivendicazioni femministe è ancora costretta
a vivere ai margini e a conformarsi alle fantasie maschili.
Prodotto dalla Titania di Ida Di Benedetto, un datatissimo melodrammone
a fosche tinte che risente della scarna sceneggiatura di Lattuada
che si confa davvero poco alla lingua inglese e della forzata
(si spera) presenza di un cast italiano imbarazzante (la Grimaldi
e Lo Verso sono doppiati in inglese!). “Mine Ha-ha”
significa “Acqua ridente” ed è il nome che
una delle fanciulle dà ad una cascata meta delle loro
gite.
[marco catola]
|
|