Il funzionario
della CIA Claire Stenwick (Julia Roberts) e l’agente
dei servizi segreti britannici Ray Koval (Clive Owen) abbandonano
il mondo dei servizi segreti governativi per speculare su
una guerra fredda dai profitti esorbitanti che infuria tra
due multinazionali rivali. La loro missione? Entrare in possesso
della formula di un prodotto che farà la fortuna della
società che lo brevetterà per primo. Per i loro
superiori — il magnate dell’industria Howard Tully
(Tom Wilkinson) e lo spregiudicato amministratore delegato
Dick Garsik (Paul Giamatti) — nulla è fuori portata.
Ma per Claire e Ray, coinvolti in un gioco dalla posta sempre
più alta, il segreto più difficile da custodire
è l’attrazione che provano l’una per l’altro.
Dopo avere diretto Michael Clayton,
lo sceneggiatore/regista Tony Gilroy decide di tornare a raccontare
le intricate vicende del controspionaggio industriale:”I
dati statistici sul giro d’affari legato ai furti aziendali
indicano un ammontare variabile tra i 50 e i 100 milioni di
dollari l’anno. Tutte le maggiori multinazionali presenti
sul pianeta posseggono un reparto di investigazione privata
dotato di una raccolta dati segreta sia per le azioni offensive
che per quelle difensive che, in sostanza, rappresentano delle
vere e proprie unità di spionaggio”.
Duplicity tenta di miscelare
due generi come il thriller spionistico e la commedia romantica,
attraverso la presunta alchimia e il giusto sex-appeal dei
due protagonisti, Clive Owen e Julia Roberts, immergendoli
in un mondo fortemente chiaroscurale il cui motto è
“mai fidarsi di nessuno” e “nulla è
come appare”. Puntando sulla frammentazione spazio-temporale
del racconto, Gilroy mescola le carte, facendo calare un velo
opaco sulla nitidezza di racconto senza aggiungere o togliere
nulla ad una storia stanca e ripetitiva. L’alchimia
tra i due protagonisti stanca a manifestarsi ed i personaggi
di contorno – il mondo dello spionaggio industriale
- sono puramente funzionali al ramo sentimentale e fintamente
romantico della storia.
Ogni personaggio è doppio, dando adito e giustificazione
ad una serie continua di ribaltamenti di fronte fino all’insospettabile
(?) finale.
Il risultato è un film freddo, asettico, incapace di
coinvolgere più di tanto, a tratti addirittura irritante
per il suo continuo giocare con lo spettatore per rivelarsi
più furbo e acuto di quanto in realtà non sia.
[fabio melandri]