La diva Julia
Being Julia
Regia
István Szabó
Sceneggiatura
Ronald Harwood
Fotografia
Lajos Koltai
Montaggio
Susan Shipton
Musica
Mychael Danna
Interpreti
Annette Bening, Jeremy Irons, Bruce Greenwood, Miriam Margolyes, Juliet Stevenson, Shaun Evans, Lucy Puch, Maury Chaykin, Sheila McCarthy
Anno
2004
Durata
105'
Nazione
USA
Genere
commedia
Distribuzione
Mikado
Tra i film che più di altri hanno saputo raccontare il fenomeno “divismo” annoveriamo il capolavoro di Billy Wilder Viale del tramonto ove si narrava la parabola discendente di una grande attrice, Nora Desmond – una immensa Gloria Swanson – incapace di accettare il tempo che passa e tenuta in vita, reale quanto lavorativa, dalle premurose attenzioni di un solerte maggiordomo, il regista Erich Von Stroheim. Correva l’anno 1950.
A distanza di 55 anni, la stessa tematica, traslata dal palcoscenico cinematografico sulle tavole teatrali nella Londra
del 1938, ci viene riproposta dal regista István Szabó (Mephisto, Tentazione di venere, Il Colonnello Redl) con le vicende di Julia (Annette Bening), diva del palcoscenico che stanca della monotonia a cui la sottopone il marito impresario (Jeremy Irons) si abbandona tra le braccia di un giovane ammiratore americano (Shaun Evans) che alla lunga dimostrerà un affetto non completamente disinteressato.
Una commedia degli equivoci, una trappola per topi che si reitera lungamente durante il corso della narrazione, con una moltiplicazione dei ruoli e dei punti di vista, tra on-stage e
off-stage, che il regista non riesce sempre a convogliare con coerenza e compattezza. Quello che più interessava a Szabó è in realtà un altro aspetto che sfocia in una lezione di estetica cinematografica. “Il cinema ha una sua specificità che nessun altra forma artistica possiede. Grazie al primo piano l’immagine in movimento è capace di mostrarci un volto vivo, ed è qui che risiede la sua speciale energia. Attraverso un’espressione colta su un viso, il cinema ci mostra un’emozione che nasce, o l’evolversi di un pensiero... Un volto umano sul quale è possibile cogliere
una gamma di emozioni diverse e la sua relazione con un altro volto umano, la loro relazione con l’ambiente circostante, la natura, la società e il mondo – questo è cinema. L’energia e la forza di un film nascono dal volto di un attore o di un’attrice e dal volto del suo/sua antagonista.” Detto, fatto. Un cinema di primi piani, di volti, maschere, che segnano il sottilissimo confine tra realtà e finzione, verità e menzogna. I dialoghi a tratti brillanti spingono in questa direzione, le scenografie ricercate e manifestamente ricostruite esaltano il carattere teatrale dell’operazione in quello che possiamo considerare
come teatro filmato con questi visi che riempiono lo schermo come una visione ingigantita da binocoli da teatro tanto in voga al tempo in cui il film è ambientato.
Un film che punta sin troppo sulla recitazione alla Gloria Swanson – il riferimento iniziale non era quindi casuale – della Bening (Vincitrice del Golden Globe e nominata all’Oscar per questo ruolo) minata nella versione italiana dalla performance un po’ troppo sopra le righe di Mariangela Melato.
[fabio melandri]