Dopo
l’incidente automobilistico che l’ha visto testimone
della morte del padre, Kale reagisce chiudendosi e sviluppando
una certa aggressività. A farne le spese, il naso del
professore di spagnolo.
Il sistema americano particolarmente attento alle problematiche
giovanili spedisce agli arresti domiciliari il protagonista.
Con un braccialetto che ne impedisce i movimenti, Kale vive
una sospensione dalla realtà. Costruisce nuovi riti
e nuovi abitudini. Vive la condizione straniante di chi guarda
se stesso da fuori, e tutto ciò dovrebbe provocare
un effetto inevitabile nelle sue percezioni. Isolato dal mondo
ne crea uno proprio. Con la madre divide una villetta a schiera
come tante che affollano i sobborghi della provincia americana.
Mentre i suoi coetanei si godono le vacanze in spiagge esotiche,
Kale si abbandona nell’attesa frustrante della sua vita
normale prima dell’incidente. La madre lo sprona a trovare
uno scopo e Kale indirizza il suo sguardo sui vicini. Ne studia
le mosse, ne smaschera le ipocrisie, usa i dirimpettai come
una gigantesca televisione con una marea di canali. Scopre
che la vita reale a guardarla è più divertente
e sorprendente di un reality show trasmesso sui canali via
cavo. La vita della middle class con le sue meschinità,
i suoi peccati, le sue ansie e le sue fantasie non è
mai stata così eccitante.
Ad attirare il voyeurismo smaliziato e irriverente di Kale
sono il sesso e la violenza. La stupenda vicina di casa, una
biondina trasferita da poco in città, che prende il
sole in piscina e con un broncio che lo farà innamorare
di se. E un brizzolato e aitante uomo maturo, seducente dongiovanni
del quartiere che invita a cena ogni sera una donna diversa,
su cui Kale converge le sue peggiori paranoie. Una serie di
indizi disseminati abilmente persuaderanno Kale di abitare
a meno di cento metri del peggior serial killer mai ricercato
dalla polizia americana e dalla donna della sua vita.
Disturbia diretto
in maniera anonima e convenzionale da D.J. Caruso, autore
di altri thriller passati inosservati (Rischio a due con Al
Pacino e Identità violante con Angelina Jolie) e di
numerose puntate delle serie tv The
Shield e Dark
Angel, allievo di John Badham con cui curò
la produzione di Insieme per
forza, si presenta fin dalle prime battute
come un remake stanco e debole della Finestra
sul cortile di Hitchcock ad uso e consumo
della generazione di Youtube che vive ogni frammento di realtà
in simultanea con il resto del mondo.
Lo sguardo di sintesi assorbe quello dell’analisi e
i pregiudizi e i sospetti non sono più ombre del dubbio
ma già esse stesse tragiche conferme. Nel momento in
cui temo che il mio vicino sia un pericoloso assassino, ho
firmato la sua condanna. Non ho bisogno di una giuria, di
avvocati e di un complesso sistema giurisprudenziale, ma mi
basta una videocamera collegata a un computer con una connessione
a banda larga per trasmettere le prove della sua colpevolezza
su internet a disposizione di chiunque voglia esprimere il
suo desiderio di giudicare e punire il prossimo. Disturbia
utilizza le procedure del voyeurismo come categorie innocue
e svuotate di ogni intento destabilizzatore, il voyeurismo
diventa la risposta più giusta ed etica all’esibizionismo
di massa. Non c’è più colpa o redenzione.
Non c’è niente di peggio di un’opera che
si dipana in un ambito morale evitando tutto il tempo di affrontare
le sue conseguenze più complesse. Girato come una puntata
di una serie tv, ma The Shield e Dark Angel, sono cento volte
più innovativi, sia linguisticamente che di contenuti,
Disturbia arranca
per due ore fino alla sua prevedibile conclusioni senza mai
suscitare un sussulto di sorpresa o di ansia nello spettatore.
Ogni confronto con le perturbanti distorsioni di James Stewart
assistito dalla fatale Grace Kelly dell’upper class
newyorkese sarebbe impietoso e attribuirebbe fin troppa importanza
a questo thriller di mezza estate.
[matteo cafiero]