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Regia |
Steven
Soderbergh |
Sceneggiatura |
Richard
Lagravenese |
Fotografia |
Peter
Andrews |
Montaggio |
Mary
Ann Bernard |
Scenografia |
Howard
Cummings |
Costumi |
Ellen
Mirojnick |
Musica |
Marvin
Hamlisch |
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Prima
di Elvis, di Elton John, di Madonna, Bowie e Lady Gaga, c’è
stato Liberace: pianista virtuoso, intrattenitore stravagante
e figura appariscente sia sul palcoscenico che in televisione.
Primo vero performer famoso in tutto il mondo, con il suo stile
ha affascinato un pubblico sterminato per tutti i 40 anni di
carriera. Wladziu Valentino Liberace (il nome all’anagrafe
del musicista nato in America da padre italiano e madre polacca)
ha rappresentato in scena come nella vita privata tutto l’eccesso,
il glamour e il kitsch che solo un entertainer totale come lui
poteva permettersi negli anni Cinquanta e Sessanta.
Nell’estate del 1977 Liberace conosce il giovane e affascinante
Scott Thorson e, nonostante la differenza di età e l’appartenenza
a mondi decisamente lontani, i due saranno amanti per 5 anni.
Dietro i candelabri
è la storia di questa stupefacente relazione amorosa
– dal primo incontro in un teatro di Las Vegas all’amara
separazione finale.
Il film nasce in modo quasi fortuito, da una improvvisazione
di Michael Douglas che, lavorando con Steven Soderbergh sul
set del film “Traffic”,
interpreta una imitazione di Liberace, a tal punto impressionando
il regista che questi comincia a coltivare l’idea di cavarne
un film. Le ricerche di idee per il soggetto si sono concretizzate
con la scoperta del libro “Dietro
i candelabri”, in cui Scott Thorson narra
la sua storia con l’istrionico pianista. Di qui è
partito il lavoro del pluripremiato sceneggiatore Richard Lagravenese
(premio Oscar per La Leggenda
del Re Pescatore, oltre a film come L'uomo
che sussurrava ai cavalli,
I ponti di Madison County) per ricostruire la
sofferta e nascosta vicenda amorosa di Liberace e Thorson.
Il film è stato
girato tra Los Angeles, Palm Springs e Las Vegas, utilizzando
al massimo materiali e luoghi autentici, dall’attico
di Liberace a Los Angeles al palco e allo showroom del Las
Vegas Hilton, dove Liberace ha tenuto molti dei suoi più
famosi concerti.
Imponente l’apparato scenografico impiegato per il film,
naturalmente adeguato all’eccesso visivo che caratterizzava
le performance dell’artista, vero antesignano del kitsch
di certe pop-star dei nostri tempi; lo scenografo Howard Cummings
(Contagion, L'ombra del testimone, I Soliti Sospetti) ha ricostruito
il mondo di Liberace dal 1977 al 1982 in 30 accuratissimi
set, esistenti, simulati e riadattati per riportarli alle
condizioni originali, mediante una vera e propria caccia al
tesoro per recuperare gli oggetti di arredamento e gli effetti
personali della star dalle collezioni private cui appartengono.
Addirittura il palco del Las Vegas Hilton è stato riportato
esattamente a come era quando Liberace suonava lì,
togliendo le nuove sedute aggiunte negli anni, livellando
il pavimento e riportando i tavoli nella stessa posizione
di 30 anni fa. Di più, Cummings ha caratterizzato gli
ambienti con l’uso ossessivo degli specchi, che richiamano
concettualmente sia la vanità dell’artista, sia
l’incapacità di comunicare con l’altro
da sé, sia l’illusione dell’eternità
della propria immagine.
Non meno minuzioso e sfavillante il lavoro della costumista
Ellen Mirojnick (con Michael Douglas in Attrazione
fatale, Wall Street, Black Rain- Pioggia Sporca, Basic Instinct,
Spiriti nelle tenebre, Delitto perfetto):
basti dire che sia Michael Douglas che Matt Damon hanno più
di 60 cambi di abito durante il film e ciascun abito è
fatto su misura.
Per creare un guardaroba così elaborato e complesso,
Ellen Mirojnick ha lavorato a stretto contatto con alcuni
dei più rinomati designer e orafi di Hollywood, riuscendo
così a riprodurre nei minimi dettagli il rutilante
guardaroba dell’artista, che giungeva a comprendere
mantelli di pelliccia adorni di pietre scintillanti dal peso
complessivo di 30 Kg. I costumi sono stati pensati, di concerto
con Cummings, come ideale completamento dell’apparato
scenografico, consentendo di creare un effetto visivo complessivo
di perfetto accordo in ciascuna occasione, in ciò riproducendo
la maniacale (e visionaria, a conti fatti) attenzione di Liberace
per l’aspetto visivo della sua performance musicale.
Fin qui l’apparato;
purtroppo, a questo imponente lavoro di decoro non corrisponde
una sceneggiatura di adeguato spessore. Ci sembra che Lagravenese
si sia limitato a sostenere l’idea iniziale con il semplice
adattamento del libro di Thorson, senza voli pindarici ma
nemmeno idee originali.
La storia d’amore tra i due segue un trito schema a
parabola, dall’interesse iniziale allo stabilirsi del
giovane drudo nell’habitat del vecchio artista riuscendo
a far piazza pulita del suo entourage, per poi scivolare ai
margini della vita di Liberace, sprofondando nella droga,
per essere infine liquidato e sostituito da un altro amante.
Di fatto, nel film non succede praticamente niente, e un importante
atout che poteva essere giocato (il contrasto tra lo sfavillio
dell’immagine di spettacolo e il complessivo inaridimento
dei sentimenti di Liberace) viene disperso dalla frigida regia
di Soderbergh, apparentemente più preoccupato di contemplare
gli sfarzosi ambienti del set che non l’animo dei protagonisti.
Lo stesso (pur altrimenti eccellente) Douglas sembra prigioniero
del suo ruolo di imitatore della stella kitsch: i suoi sforzi
di rendere ogni particolare dell’aspetto esteriore di
Liberace di fatto ne ingabbiano le potenzialità interpretative,
limitando l’impatto del personaggio a quello di una
somigliantissima, ma fissa istantanea. Migliori i risultati
di Matt Damon, che interpreta con sufficiente naturalezza
e intensità l’unico personaggio che nel film
abbia una qualche evoluzione, dalla fascinazione iniziale
per la sfavillante opportunità che gli si prospetta,
alla gelosia per il nuovo amante di Liberace, all’abisso
della droga, fino alla squallida esistenza da impiegatuccio.
I due si ri-incontrano in quella che in definitiva è
la scena migliore del film; Liberace giace sul letto di morte
e Thorson va a trovarlo. Qui, deposti lustrini, parrucche
e paillet, Douglas/Liberace ritorna attore e uomo sofferente,
e finalmente un barlume di emozione si effonde sullo spettatore,
fiaccato da due ore di riflessi di vuoto.
[massimo stinco]
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Interpreti |
Michael
Douglas, Matt Damon, Dan Aykroyd, Scott Bakula, Rob
Lowe, Tom Papa, Paul Reiser, Debbie Reynolds |
Produzione |
HBO
Films |
Distribuzione |
01
Distribution |
Uscita |
05/12/2013 |
Nazione
| Anno |
USA
| 2013 |
Genere
| Durata |
biografico | 118' |
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