“Quello
che mi ha affascinato e che negli anni ha lavorato in profondità
dentro di me, è l’idea di poter raccontare il
dubbio, di poter osservare un grande scrittore affrontare
il demone della sua coscienza nel timore di essere stato il
cattivo maestro per le nuove generazioni. Di cogliere l’attimo
in cui Dostojevskij dopo la terribile esperienza della detenzione
in Siberia, nel contatto con la sofferenza vera e con quella
umanità disperata, fa il bilancio del suo impegno rivoluzionario.
Ho affrontato questa difficile impresa sperando che dopo la
visione di questo film cresca il desiderio di conoscere ancora
di più questo grande personaggio”.
Giuliano Montaldo descrive così il movente che lo ha
spinto a realizzare la pellicola sulla vita dello scrittore
russo Fëdor Michajlovic Dostojevskij.
Siamo nel 1860: Pietroburgo è sconvolta da un attentato
che provoca la morte di un componente della famiglia imperiale.
Passa qualche giorno e Dostoevskij (Miki Manojlovic) si reca
in manicomio a far visita a Gusiev (Filippo Timi), un giovane
che ha chiesto di incontrarlo. Il ragazzo si finge pazzo per
evitare la morte: è uno dei componenti che ha organizzato
la morte del familiare dello Zar e implora lo scrittore, profondamente
turbato e con un passato da socialista bakuniniano, di trovare
e contattare Aleksandra (Anita Caprioli). Deve impedirle di
portare a termine l’omicidio del gran duca. La confusione
di Dostoevskij aumenta quando il commissario Pavlovic (Roberto
Herlitzka) si mette sulle tracce del protagonista, certo che
solo così potrà anticipare le mosse dei terroristi.
In parallelo alla dilaniante crisi politica, si dipana quella
personale: Dostoevskij è inseguito dai creditori, pressato
dal suo editore per la consegna di un nuovo libro ed è
persino preda di attacchi di epilessia. Ha solo cinque giorni
per consegnare il manoscritto concluso. Contatta perciò
la giovane Anna (Carolina Crescentini) stenografa –
sua futura moglie -, nella speranza di poter finire il racconto
“Il giocatore” nel più breve tempo possibile.
Sono in realtà trascorsi dieci anni dal primo attentato…
Il film nasce da un vecchio progetto voluto da Andrei Konchalovsky.
Il regista di Sacco e Vanzetti
(1970) ha realizzato il film, con un budget di 5milioni di
euro, tra Torino e San Pietroburgo, con la spinta di poter
far appassionare i giovani spettatori alla storia di Dostoevskij.
Di certo quello che si troveranno davanti agli occhi è
un cinema d’altri tempi, fatto di scene di massa vere,
senza l’utilizzo di effetti speciali; con una recitazione
statica, fatta di primi piani e dialoghi intensi; con una
sceneggiatura “politica”. Piacerà a questa
fascia d’età?
[valentina venturi]