Diciamo
la verità. Quando un film è brutto, è
brutto. Potremmo trovare tanti se, tanti ma, qualche però,
ma sempre brutto rimarrà. Può esserlo perchè
noioso, pedante, lento senza motivo. O magari perchè
costruito male, presuntuoso, realizzato approssimativamente.
O ancora, più semplicemente, perchè del tutto
lontano a quello che è il proprio gusto.
Ecco, Davanti agli occhi è
un pò di tutto questo, senza molto altro da dire.
Lo spunto è quello di una (solita) strage compiuta
da un alunno in una scuola in una qualsiasi cittadina americana.
La protagonista, sopravvissuta, non riesce a fare i conti
con quegli istanti terribili, latori di sogni senza luce e
istanti di vuoto nel mentre di una giornata qualunque. Tanto
più che il killer, prima di suicidarsi, chiede alle
ultime due ragazze che incontra, fra cui Diana, questo il
nome della protagonista, di compiere una straziante scelta:
chi delle due avrebbe risparmiato?
Non andiamo avanti nella descrizione della storia solamente
per non rovinarvi la sorpresa di quelli che sono gli unici
spunti interessanti di una trama che comunque fatica.
Vi basterà sapere che il titolo originale “Tutta
la vita davanti agli occhi” vi regala la chiave interpretativa
dell’intero film. Per il resto il tentativo di costruire
un certo lirismo da parte di Vadim Perelman, che già
un discorso analogo aveva portato avanti con la sua opera
prima, La casa di sabbia e nebbia, naufraga al primo apparire
di fiori traslucidi che garriscono goffamente al vento, piuttosto
che di inquadrature perpendicolari che, dal basso all’alto,
fanno trasparire il sole tra le chiome degli alberi.
A poco serve la presenza di due brave attrici come Evan Rachel
Wood e Uma Thurman, che vengono diluite nel corso della narrazione
e si perdono nella vacuità di un girato che si mostra
lezioso e inconcludente.
I continui ralenty che gigioneggiano fin da subito, il non
detto del primo flashback che lascia subito intuire come il
resto della pellicola giocherà confrontandosi con ciò
che non viene mostrato da subito, il montaggio in parallelo
pedante e didascalico: non so di quali altri elementi il manuale
del buon critico abbia bisogno per definire un film “brutto”.
Aggiungeteci uno dei peggiori doppiaggi degli ultimi anni,
e la frittata sarà definitivamente cotta a puntino.
[pietro salvatori]