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Anno
2011
Nazione
USA
Genere
commedia
Durata
99'
Uscita
01/08/2012
distribuzione
Warner Bros. Italia |
Regia |
Whit
Stillman |
Sceneggiatura |
Whit
Stillman |
Fotografia |
Doug
Emmett |
Montaggio |
Andrew
Hafitz |
Costumi |
Ciera
Wells,
Krista Blomberg |
Musica |
Mark Suozzo,
Adam Schlesinger |
Produzione |
Westerly
Films, Steeplechase-Analytic |
Interpreti |
Greta
Gerwig, Analeigh Tipton, Megalyn Echikunwoke, Carrie
MacLemore,
Adam Brody |
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Tra il
1998, anno di uscita di “The
last days of disco”, e questo ultimo
lavoro Whit Stillman ha lasciato passare 13 anni di silenzio
artistico. Nel frattempo, tra gli innumerevoli eventi nefasti
per la Settima Arte, è stata creata una saga del filone
“American Pie”
per divertire i giovani, la serie “Sex
and the City” ha proposto una nuova
immagine della donna attenta alle griffe e così intraprendente
con gli uomini da non prendersi neanche la briga di sedurli
e Eric Rohmer, il maestro della commedia filosofica e del
dialogo colto, è morto senza che nessuna multisala
abbia mai dato l'impressione di aver notato la presenza delle
sue opere.
Stillman ha scritto questo film come se questi eventi non
fossero mai accaduti o come se si fossero verificati esattamente
al contrario e quindi il mondo fosse popolato di ventenni
che citano “Il raggio
verde” e la filosofia di Pascal alla
ricerca di una sobria felicità. Questa apparentemente
illogica congiunzione di eventi fa da introduzione per evitare
che qualcuno resti scioccato una volta entrato in sala per
vedere una “campus comedy” (o “teen comedy”
o come volete voi) e si trovi poi a seguire le avventure di
queste quattro ragazze all'interno dell'immaginario ateneo
di Seven Oaks.
La loro leader Violet (la sempre brava Greta Gerwig) ha creato
un centro di “prevenzione del suicidio” per mezzo
di ciambelle e caffè, cura la depressione dei suoi
coetanei con il tip tap, considera il cattivo odore la prima
causa d'infelicità e in amore predica la scelta di
un partner inferiore a sé, così da poterlo migliorare
e evitando anche delusioni da parte di uomini solo apparentemente
dotati di un qualche contenuto. L'arrivo della matricola Lily
(Analeigh Tipton), la sua sbandata per un enigmatico giovane
playboy (Adam Brody) metteranno in profonda crisi Violet e
innesteranno quelle dinamiche da “gioco delle coppie”
tipiche di questo genere di commedia.
Rispetto ai suoi precedenti lavori, Stillman non smette di
focalizzarsi sulla ricca borghesia newyorchese (anche se qui
in divenire), ma condisce il consueto classismo con del sano
cinismo, figlio del cinema (che fu) di Allen e soprattutto
di tanta sorprendente ispirazione: la perorazione del sesso
contro natura attraverso la religione catara, la teoria del
“declino della decadenza” e il conseguente involgarimento
dell'omosessualità ridotta da scelta dandy ed elitaria
a sfoggio di muscoli attraverso magliette attillate, la sistematica
umiliazione del cameratismo universitario maschile garantiscono
momenti esilaranti e la scorrevolezza di una trama sostanzialmente
prevedibile. Gli si può perdonare perciò una
colonna sonora brutta e un po' invadente e una fotografia
che escludendo il momento “musical” appare anonima.
È vero, per quanto aderente alla realtà e caustico,
questo film è lontano negli ambienti e nelle parole
dalla realtà tout court. D'altronde l'ucronia, cioè
la possibilità di immaginare gli eventi in una maniera
alternativa alla storia vera e propria, è da sempre
una fonte di rinnovamento per la fantascienza. Magari è
quello che serviva a restituire un po' di vita anche alla
commedia. [emiliano
duroni]
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