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Regia |
Jean-Marc
Vallée |
Sceneggiatura |
Craig
Borten, Melisa Wallack |
Fotografia |
Yves
Bélanger |
Montaggio |
Martin
Pensa, Jean-Marc Vallée |
Scenografia |
John
Paino |
Costumi |
Kurt
and Bart |
Musica |
Danny
Elfman |
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Nel
1985 l'AIDS era una malattia strettamente legata al mondo omosessuale
o al consumo delle droghe pesanti. Di questo è convinto
Ron Woodroof, piccolo truffatore texano omofobo, che conduce
una vita sregolata a base di alcool, droga e sesso non protetto
consumato nelle stalle dell'arena da rodeo in cui si arrabatta
con piccole scommesse. Di questo è convinto fino a quando
scopre di essere affetto dal virus dell'HIV, con i linfociti
ridotti a 9 e solo 30 giorni di vita.
La disperazione che ne consegue, l'attaccamento ad una vita
fin li mediocre, segna una svolta nella vita di Ron. Inzia a
interessarsi alla cura in quel momento sperimentale dell'AZT,
una medicina anticancro che uccide ogni cellula con cui viene
a contato (benigna o maligna che sia) abbassando le difese immunitarie
e portando alla morte per complicazioni di varia natura. Un
farmaco con pericolose controindicazioni, ma l'unico che la
Drugs And Foods Amministration approva in forma sperimentale
come possibile "cura".
Tratto
da una storia vera, Dallas Buyers
Club del regista canadese Jean-Marc Vallée
(autore dell'apprezzatissimo C.R.A.Z.Y.)
corre sul doppio binario del film di denuncia sociale (la
lotta di Ron contro il sistema farmaceutico americano) e del
riscatto personale di un uomo (già raccontato attraverso
un milione di modi e generi "cinematografici" diversi)
costretto a fare i conti con i propri fantasmi e pregiudizi.
Nulla di nuovo sotto il sole quindi, ma quello che riscatta
la pellicola un gradino sopra la media è l'assoluta
mancanza di patetismo che un materiale come questo avrebbe
potuto lesinare a profusione.
Il film invece, pur seguendo i diversi personaggi in campo,
accompagnadoli nel loro viaggio di caduta e redenzione (film
di profonda religiosità non ostentata), mantiene un
certo distacco quasi documentaristico che illustra e non giudica,
mostra e non condanna. Un film cannibalizzato dall'interpretazione
di Matthew McConaughey, letteralmente irriconoscibile nei
suoi 20 kili persi per entrare nel personaggio, con cui si
vedrà assegnato (salvo stravolgimenti) il primo Oscar
della sua carriera, dimostrando come dietro l'uomo di plastica
dei primi film, si sia scoperto col tempo un vero attore.
Dallas
Buyers Club è un film sulla libertà
da parte dei malati terminali di accedere a cure compassionevoli.
E' questo il cuore del film che qui in Italia, a seguito delle
polemiche sul metodo Stamina – su cui non entreremo
nel giudizio dell'efficacia o meno -, potrebbe trovare terreno
fertile di discussione e confronto. Il protagonista Ron Woodroof,
sceglie di curarsi attraverso vitamine, proteine ed uno stile
di vita conservativo e non autolesionistico (quindi del tutto
innocuo, lecito ma non riconosciuto quindi osteggiato) che
non lo porterà alla guarigione, ma ad allungare la
vita e la qualità della medesima di ben 7 anni, pari
a 2525 giorni in più rispetto ai 30 diagnosticati all'inizio
di questa sua nuova vita. In un paese, l'America, in cui si
abusa di tante, troppe medicine, questo è forse il
messaggio più rivoluzionario.
[fabio melandri]
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Interpreti |
Matthew McConaughey, Jennifer Garner, Jared Leto, Steve
Zahn, Dallas Roberts, Denis O'Hare, Griffin Dunne, Kevin
Rankin, Jane McNeill, Lawrence Turner, Tony Bentley,
James DuMont, Donna DuPlantier, Deneen Tyler |
Produzione |
Truth
Entertainment, Voltage Pictures |
Distribuzione |
Good
Films |
Uscita |
30/01/2014 |
Nazione
| Anno |
USA | 2013 |
Genere
| Durata |
drammatico | 117' |
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