Un lupo
mannaro americano a Hollywood. Dopo aver rivisitato in chiave moderna
i miti di Frankestein (Freddy Krueger in Nightmare
- Dal profondo della notte), di Dracula (Vampiro
a Brooklyn), della Mummia (Il serpente
e l’arcobaleno), dopo diversi anni di silenzio torna
al cinema il Prof Wes Craven (è laureato in Filosofia) con
il mito dell’Uomo Lupo.
Diciamolo subito, l’impronta del talento di Craven emerge qua
e là durante il film: l’uso della soggettiva, la costruzione
della tensione attraverso l’accumulo di elementi ed indizi -
rumori, oggetti, tagli di luce – l’esplosione dell’orrore
improvviso, terrificante, inspiegabile. Dall’altra il film soffre
troppo della mancanza di un’idea veramente originale a livello
narrativo e di dialoghi al limite del ridicolo in alcuni passaggi.
Ma tale debolezze sono da attribuire soprattutto allo sceneggiatore
l’ex enfant prodige Kevin Williamson (Screm,
So cosa hai fatto) che sembra aver perso
lo smalto dei tempi passati. Quando c’era da giocare con il
genere ed i suoi topoi, il meccanismo narrativo scorreva fluido e
sorprendente; ora che bisogna invece percorrere i sentieri della novità
ed originalità la vena creativa si esaurisce in un cumulo di
già visto e risaputo.
Nonostante ciò il film si vede con piacere ed interesse per
una buona ora, sbrodolandosi addosso solo nel fiacco finale. Si raccontano
di incomprensioni tra regista e sceneggiatore sul set, e viso il risultato
non facciamo fatica a capire i motivi dell’attrito. Magnetica
e assolutamente calata nel ruolo la darkissima Christina Ricci, mentre
la creatura è opera dell’immarcescibile Rick Baker, che
torna ad occuparsi di licantropi dopo Un lupo
mannaro americano a Londra. Chi ricorda quel film, ha stampata
nella mente la trasformazione a vista da uomo a licantropo, frutto
di trucchi meccanici, sovrapposizioni di immagini e dissolvenze. Anche
qui vi è una trasformazione a vista, creata stavolta grazie
ai prodigi della computer grafica. Purtroppo l’effetto è
assai deludente.
Un ben tornato nel regno delle ombre a Wes Craven, maestro del nuovo
cinema horror americano, augurandoci di ritrovarlo presto con accanto
uno sceneggiatore capace di esaltare l’ancora presente vena
sanguinolenta del nostro amato Professore.[fabio
melandri]